ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su il Giornale (n. 37 Pag. 3) |
Venerdì 24 febbraio 2006 |
Gianni Pennacchi
La difesa dell’Occidente adesso è un Manifesto
da Roma All'indirizzo del ministro degli Esteri, pur con garbo istituzionale: anche a Bengasi «il fondamentalismo si stava preparando e aspettava l'occasione per dar fuoco alle polveri», le vignette e ancor più la maglietta di Calderoli, «seppur di cattivo gusto», sono soltanto «un pretesto»; o dimenticate «il sacerdote martire» in Turchia e «i 15 cristiani uccisi» in Nigeria? All'indirizzo del premier che fece marcia indietro sulla «superiorità» della cultura occidentale, seppure indirettamente: «I princìpi ormai universali che consentono la convivenza pacifica», cioè uguaglianza, parità uomo-donna, rispetto reciproco e democrazia, «sono frutto della nostra cultura». Infine, se l'Europa debba aprirsi ancora, anche alla Turchia: «Soltanto se vengono accettati questi princìpi». I quali princìpi sono ovviamente gli 11, numero mediano tra Deuteronomio e Tito Livio, lanciati formalmente ieri pomeriggio da Marcello Pera, con l'intento strategico di risvegliar l'Occidente che «non ama più se stesso» - come rimprovera anche il suo amico papa Ratzinger - e quello più tattico e concreto, mirato al 9 aprile, di dare un manifesto culturale al centrodestra nostrano. Per evitar l'accusa di aprir la sua campagna elettorale sfruttando l'alta funzione istituzionale, il presidente del Senato s'è fatto ospitare nel saloncino della Stampa Estera. L'impatto è risultato ancor più forte, Pera stesso mentre ancora rispondeva alle numerose domande poteva vantare l'affollamento di adesioni (il suo staff gli porgeva foglietti d'aggiornamento) al sito www.perloccidente.it quasi fosse il portale d'arruolamento per Lepanto Il parterre che lo ascoltava poi, è illuminante sulle prospettive politiche della campagna lanciata da Pera. Tra i giornalisti Fiamma Nirenstein («non mi candido», assicura) e Magdi Allam, quindi prof a iosa ed esponenti («moderati», ovviamente) delle tre religioni abramitiche, infine i politici della Cdl: Sandro Bondi, Renato Schifani, Isabella Bertolini e Ferdinando Adornato per Fi, Gianni Alemanno e Alfredo Mantovano per An, Francesco D'Onofrio e Carlo Giovanardi per l'Udc, Alberto Brambilla per la Lega. Anche Silvio Berlusconi «aderisce», ci mancherebbe, il manifesto «gli è piaciuto» e «l'ho già firmato». E Pera, felice perché al primo punto del programma elettorale della Cdl ci sia la riaffermazione delle «radici giudaico-cristiane dell'Europa», avverte e sentenzia: «Il manifesto contiene impegni politici per tutti coloro che lo sottoscrivono, in particolare per quelli che si candidano alle prossime elezioni». Dunque un Pera deciso e convinto, i discorsi che va facendo da mesi e mesi sui «principi fondamentali e le conquiste civili dell'Occidente attaccati culturalmente, politicamente e ahimé anche con le armi», sono diventati programma politico. Tutto bene, bravo bis dal centrodestra? Fabrizio Cicchitto condanna le «demonizzazioni» e «i soliti schematismi» del centrosinistra che s'è messo subito a sparare su Pera, premette che non è certamente questa «la linea della Chiesa e nemmeno quella espressa dal presidente del Senato», però laicamente avverte: «Stiamo attenti a non contrapporre al fondamentalismo islamico una sorta di integralismo cattolico».
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