ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su Giornale di Sicilia | 7 aprile 2002 |
Sull'ordine
pubblico
le distanze tra An
e l'Ulivo
sono
amplissime
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In linea di massima, si può concordare. Tranne che per la parte dedicata al tema della sicurezza, che non ha praticamente trovato posto nei resoconti giornalistici, come se si trattasse di un argomento minore. Qui le posizioni di Fini, riprese ieri da Alfredo Mantovano, sono state nette, senza alcuna traccia di quelle sfumature dorotee che qualcuno ha rievocato. E la cosa va segnalata perch‚ rivela che An è attenta alle esigenze delle alleanze, ma su alcuni temi specifici - come quello dell'ordine pubblico - intende assumere un ruolo di punta all'interno della coalizione. Su questo tema, infatti - a differenza delle tematiche sul lavoro - le distanze di An dal centro sinistra sono amplissime, lo spazio di dialogo minimo. Se da quella parte sono state avanzate critiche al comportamento della Polizia in occasione del G8 di Genova, Fini non ha dubbi. "L'Italia - ha chiarito - vide chi erano gli aggressori e gli aggrediti". La difesa delle forze dell'ordine, che "meritano gratitudine", è talmente piena che prima Fini e poi Mantovani, incuranti delle resistenze del ministro dell'economia Tremonti preoccupato per le ristrettezze di bilancio, hanno ribadito che intendono spingere il governo ad approvare una "finanziaria bis" per potenziare strutture, addestrare il personale e aumentare gli stipendi. Altri soldi ("milioni di euro"), servono per evitare che la nuova legge sull'immigrazione, che deve essere ancora approvata in via definitiva, si trasformi in un flop. An, in sintonia con la Lega e con Berlusconi, non intende recedere dalla linea dura. Nel nostro paese, dunque, devono essere consentiti ingresso e permanenza soltanto a chi ha un contratto di lavoro; clandestini e "schiavisti" vanno combattuti senza remore. "L'Italia non può continuare ad esportare aiuti ed importare criminalità". Si tratta, ovviamente, di una piattaforma che non piace n‚ al centro sinistra, e che crea qualche malessere in quelle componenti della coalizione più sensibili al magistero papale. Rientra però in un disegno organico, che Fini ha tracciato volutamente a tinte forti per sottolineare come An sia sì una forza moderata, vogliosa di non compromettere il dialogo sociale (per il ritorno delle Br non ha fatto alcun riferimento all'azione dei sindacati) ma non intende rinunciare alle sue radici di destra. Così se da un lato, in pieno d'accordo con Berlusconi, difende la contestatissima legge sulle rogatorie ("non ha fatto uscire nessun delinquente") e le norme sul "giusto processo", dall'altro chiede inasprimenti su quasi tutto il resto. La "Gozzini", che concede benefici ai carcerati, per esempio va profondamente rivista. Ad essa - ha segnalato con indignazione - proprio in questi giorni, stanno ricorrendo gli assassini della "Uno bianca", che devono invece devono restare dentro. E' stato uno dei passaggi più significativi della relazione, in cui Fini si è destreggiato con la consueta abilità dialettica fra le istanze garantiste, presenti specialmente in Forza Italia, e il rigore tradizionale della destra. E' giusto, ha detto, che non bastino le dichiarazioni di due pentiti per assumere il valore di prova. Ma una volta che questa sia raggiunta, con i necessari riscontri, allora bisogna procedere con assoluto rigore nell'applicazione della pena. Dunque niente amnistia e indulto, bisogna porre ripari ad "anni di lassismo e perdonismo". Con la stessa nettezza ha affrontato un altro tema contestatissimo, quella dalla tossicodipendenza, sostenendo che vanno ripristinate le norme di legge cancellate dal referendum del '93, per tornare al principio della dose giornaliera. Chi supera questa soglia va arrestato. Si tratta di posizioni molto rigide, destinate ad aprire un dibattito dai toni accesi. Su quasi tutti questi punti, infatti, le posizioni dei due schieramenti, dalla droga ai no-global, sono ampie. In alcuni casi addirittura antitetiche. Proprio nella stessa giornata in cui parlava Fini, al congresso di Rifondazione, Bertinotti, che in qualche modo si sta riavvicinando all'Ulivo, esaltava il popolo di Seattle come la speranza del futuro, ed avanzava la tesi estrema che la repressione poliziesca - negata da An - "così sistematica e così violenta sia stata scelta a livello internazionale con l'obiettivo di disintegrare il movimento". Da notare che Bertinotti non ha nemmeno accennato all'assassinio di Biagi, anzi non si è per nulla occupato di ordine pubblico. E che - particolare che ci interessa direttamente - anche nella relazione di Fini l'emergenza mafia sia stata appena accennata. Una sottovalutazione che ha suscitato qualche perplessità e che è stata corretta ieri da Mantovano, che l'ha definita una "metastasi con cui non si può convivere".
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