ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Liberazione
(Sezione:     Società Pag.   )
Domenica 1 Settembre 2002

F. F.
Nonostante il coro di no dagli industriali del nord est, Coldiretti, Cna. Allarme di "Migrantes" (Cei)


 

Berlusconi sposa la Lega: la flessibilità non si applica agli immigrati.



 

Berlusconi conferma. Maroni non ha parlato per sé, la sua è la «posizione del governo». Per ottenere la regolarizzazione, l'immigrato dovrà disporre di un contratto a tempo indeterminato, che si tratti di una colf o anche di un lavoratore agricolo. Il Cavaliere precisa quel che Rocco Buttiglione finge di non sentire: «Quando una famiglia assume un domestico, il contratto deve essere a tempo indeterminato», salvo poi stracciarlo appena si vuole, ma «anche nelle aziende - insiste il premier - ci può essere un contratto a tempo indeterminato» perché «al 99%» si tratta di società sotto i 15 dipendenti, dove non si applica l'articolo 18, perciò via libera al licenziamento.

Berlusconi fa quadrato attorno alla Lega, incurante della contraddizione vistosa in cui cade una maggioranza liberista che per gli immigrati butta a mare il vangelo della flessibilità. Eppure era già chiaro che la mossa di Maroni sta suscitando reazioni negative anche tra i potenziali amici. Tanta impudenza ha forse una spiegazione: il governo si è accorto che dalle pieghe nascoste dello sfruttamento stava emergendo molto "nero" e quindi corre ai ripari sospingendo tutto sott'acqua. Le file di immigrati allo sportello postale sono, infatti, ricche di storie drammatiche, di "datori di lavoro" familiari che pretendono di farsi pagare dal dipendente i costi della regolarizzazione, ma anche di anziani costretti a ricorrere all'assistenza di una "badante" per mancanza dei servizi pubblici e tuttavia non in grado di sopportare ulteriori spese. E' bastato aprire un timido spiraglio perché venisse fuori una realtà durissima; il governo preferisce chiuderlo subito.

I primi a saltare sulla sedia per le posizioni di Maroni sono stati i teorici della flessibilità, gli industriali, la Coldiretti, le associazioni dell'artigianato. Ma come? Per sbarrare la porta agli immigrati, il governo rispolvera addirittura il vituperato posto fisso? Gli extracomunitari "servono" e non era proprio il governo a volere una legge funzionale alle esigenze del mercato, tanto da considerare gli extracomunitari solo come braccia da lavoro? I più preoccupati sono gli industriali del Nord est. «Già adesso ci mancano 18 mila lavoratori ogni anno», osserva Luigi Rossi Luciani, presidente della Confindustria veneta, che continua: «Se l'obiettivo della proposta di Maroni è combattere il sommerso degli immigrati in nero, la sua soluzione è del tutto insoddisfacente. Saranno le piccole aziende ad essere maggiormente danneggiate».

Sulle prime hanno reagito anche i "centristi" della Casa della libertà, quelli che avevano addolcito la Bossi-Fini con la storia dei kit. «Per noi l'accordo non si tocca», dichiara tuttora Rocco Buttiglione, tentando di spiegare che il contratto a tempo indeterminato sarà richiesto soltanto a colf e badanti.

Reagiscono naturalmente gli altri, quelli che la legge del governo Berlusconi l'hanno sempre avversata e ora, sta a vedere, dovranno perfino difenderne uno scampolo. «Questa legge - commenta Loretta Caponi, presidente del Forum degli immigrati - è stata preparata e presentata come l'inizio di una partita contro gli immigrati. Ma modificare addiririttura le regole del gioco a partita iniziata, oltre che scorretto, è sbagliato». Analoga l'opinione dei settori della Chiesa cattolica più impegnati tra gli extracomunitari. Per bocca di padre Bruno Mioli, la fondazione Migrantes raccomanda di «attenersi all'articolo 33 della legge affinché non avvengano interpretazioni restrittive né, tanto meno, in contraddizione con la lettera e lo spirito del testo». A questo punto, secondo la struttura ecclesiale, urgono «precisazioni più puntuali» per evitare «una grande confusione organizzativa» e il rischio che «i datori di lavoro non consegnino più le richieste per paura di dover assumere senza scadenza». La presa di posizione viene rilanciata dall'agenzia dei vescovi italiani Sir.

Dà invece manforte al ministro, il sottosegretario Alfredo Mantovano che insiste proprio su uno dei punti più contestati del Maroni-pensiero: il lavoro stagionale. «Se noi accettassimo - afferma l'esponente di An - di regolarizzare il lavoro stagionale ci troveremmo al dilagare di false dichiarazioni».

Difficile però convincere la Coldiretti che nei campi si deve lavorare fuori stagione. «Nell'attività agricola - reagisce Paolo Bodoni, presidente dell'organizzazione degli agricoltori, il 90% dei rapporti di lavoro è a tempo determinato per seguire i cicli della natura» e il 10% dei lavoratori agricoli è costituito da extracomunitari, il 67,3% proveniente dall'est europeo. Avvicinandosi alle realtà produttive, le critiche abbandonano anche le ultime diplomazie. «Se passa questa linea - dichiara la Coldiretti torinese - il settore agricolo sarà gravemente penalizzato». Puntuale anche l'obiezione del presidente Upa-Confartigianato di Padova: «I contratti a tempo indeterminato sarebbero una palese contraddizione con il patto per il lavoro e con le iniziative del governo». La Confederazione dell'artigianato Cna, si domanda invece come faccia Maroni «a parlare di contratti a tempo indeterminato se quello previsto per gli extracomunitari ha la durata massima di due anni». La decisione del governo - secondo il presidente dell'organizzazione, Ivan Malavasi - crea «difficoltà ulteriore agli imprenditori, soprattutto quelli piccoli e medi».


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