ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Liberazione
(Sezione: PRIMO PIANO    Pag.    6 - 7 )
Venerdì 5 luglio 2002

La poltrona di De Gennaro



Ore12, Pisanu prende possesso del Viminale. Parole di caldo ringraziamento a Scajola nei panni di un ex ministro che risponde con una convinta attestazione dei meriti dei suoi collaboratori: «Grande professionalità, senso dello Stato, rigore nell'espletamento dei doveri istituzionali sempre anteposti agli interessi di parte». Dietro Scajola sono schierati il capo di gabinetto del ministero, il capo della polizia, il vice capo, il prefetto di Roma e alcuni direttori generali. Pisanu promette «continuità» per tranquillizzare l'impettita e assorta élite che ha guidato, durante la gestione Scajola, i settori chiave del Viminale. Tutti hanno in tasca la bozza della letterina di rito con cui mettono a disposizione del ministro il loro incarico e restano in attesa delle decisioni che «ella vorrà prendere». Pisanu fa uno strappo al cerimoniale e ridiscende le scale a braccetto con Scajola, lo accompagna fino all'auto blu che, dopo un ultimo affettuoso abbraccio, lo porta via. Primi commenti nella burocrazia del Viminale: non era mai successo che il ministro entrante ridiscendesse le scale a braccetto col ministro uscente. Probabilmente Pisanu ha voluto smentire le voci che lo volevano in pessimi rapporti con Scajola. Per la burocrazia del Viminale è rassicurante il fatto che Pisanu abbia parlato di continuità. Le voci di cambiamenti immediati non hanno più credito: anche se il nuovo ministro volesse sostituire subito il capo della polizia per dare un contentino ad Alleanza nazionale che vorrebbe in quel posto un prefetto del suo orto, non potrebbe farlo subito.

La nomina del capo della polizia ha di solito un percorso lungo: deve essere concordata col presidente della Repubblica e con i presidenti della Camera e del Senato e deve avere il consenso dell'opposizione. E poi anche nel caso che Pisanu voglia fare le cose in fretta sarebbe costretto a tener conto di una rosa di candidati con solidi requisiti. Nella posizione più avanzata ci sono il vice capo della polizia Manganelli, che ha diretto i più importanti servizi investigativi della polizia di stato, e il prefetto di Roma, Emilio Del Mese, un collaudato manager della sicurezza, al quale Scajola ha affidato la responsabilità dell'ordine pubblico in occasione del vertice della Fao a Roma e della riunione dei signori del mondo nell'aeroporto di Pratica di Mare per la firma dell'accordo tra la Nato e la Russia. Manganelli e Del Mese sono alti funzionari che hanno antichi legami con De Gennaro e che non si sbracciano per farlo andare via. E anche questo conta in un ministero come il Viminale.

Dice un vecchio questore: «Ogni volta che un nuovo ministro è arrivato al Viminale credendo di poter imporre le sue condizioni, si è avuto l'effetto contrario: è stato il ministero a condizionare il ministro. Quando è arrivato Scajola tutti dicevano: la prima cosa che farà sarà il licenziamento di De Gennaro. Invece, De Gennaro è diventato il suo fondamentale consigliere, un tecnico al quale non poteva rinunciare. Quanti ministri sono arrivati al Viminale con l'idea di mandare a casa Angelo Vicari? Lui è rimasto capo della polizia per 12 anni. Per non parlare di Parisi che che è stato capo della polizia sotto Scalfaro e Gava, due ministri entrambi provenienti dalla Dc, che erano diversi come «la vergine e il diavolo».

De Gennaro può contare anche sull'appoggio, mai dichiarato, ma concreto, dei più forti sindacati della Ps, in prima fila il Siulp e il Silp-Cgil. Un'ora dopo l'insediamento del nuovo ministro, De Gennaro ha incontrato tutti i sindacati della Ps e ha firmato l'accordo integrativo che stanza 73 miliardi delle vecchie lire: soldi che saranno dati ai poliziotti sotto forma di compensi per turni di lavoro e servizi di particolare disagio, di indennità per la reperibilità, di premio per chi non si assenta in un anno per più di 30 giorni. Era presente il segretario Mantovano di An, che è arrivato solo qualche mese fa: il percorso dell'accordo va molto indietro nel tempo e i sindacati riconoscono a De Gennaro il merito di aver mandato la boccia in buca.

A turbare gli orizzonti del capo della polizia, risoluto a restare, potrebbero essere gli sviluppi dell'inchiesta sui fatti di Genova, dove è stato chiamato a testimoniare, oppure risvolti ancora ignoti del caso Biagi, oppure le critiche che verranno fuori dall'inchiesta parlamentare sul terrorismo.

La relazione del capo di gabinetto Sorge, confermato al suo posto ieri da Pisanu, sulla mancata protezione a Biagi non è più un documento secretato: sapremo presto se ci sono state oltre alle «distonie» di cui parlava Scajola anche colpe gravi di questori e servizi di sicurezza per non aver preso in considerazione le minacce rivolte al consulente del lavoro.

Per la verità le indagini sulle nuove Br fatte in sede d'inchiesta parlamentare finora sono servite a poco. Del delitto D'Antona se n'è già occupata la commissione parlamentare stragi che ora non esiste più: polizia, carabinieri e servizi segreti, non avendo scoperto quasi niente, se la cavarono chiedendo alla commissione di sollecitare i magistrati a reprimere in modo più severo le associazioni sovversive. Non si parlò del vero problema: l'incomunicabilità tra gli apparati della Ps, dei carabinieri e della Finanza impegnati nelle indagini sul terrorismo. La nuova commissione d'inchiesta arriverà probabilmente alla conclusione che le forze di polizia non hanno fatto abbastanza per scoprire gli assassini di D'Antona e di Biagi. Per De Gennaro sarebbe, comunque, una critica pesante. Forse nella lotta al terrorismo bisognerebbe dare qualche segno di novità senza aspettare le conclusioni della prossima commissione d'inchiesta: si potrebbe creare, intanto, un organismo interforze - Ps, carabinieri, Finanza - così da evitare lo spreco di risorse, l'irrazionale gestione delle informazioni e l'esibizionismo dei generali.

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