di Silvia Guidi
Il sottosegretario Mantovano: "Le regole attuali agevolano chi vende stupefacenti e non chi vuole smettere"
"Ripristiniamo la dose minima di droga" Proposta choc di Fini: "Bisogna distinguere tra spaccio e uso personale"
MILANO - Ripristinare la 'dose minima" per legge, la norma che poneva un confine tra il consumo personale e lo spaccio cancellata dal referendum Radicale del '93, privilegiare i settori della prevenzione e del recupero e far passare il concetto che "drogarsi non è un atto di libertà e ogni tipo di stupefacente è pericoloso, dallo spinello alla pasticca. Sono le linee direttrici del Governo nella lotta alle dipendenze che il vice premier Gianfranco Fini ha confermata parlando dal palco riservato ai capi di Stato alla 45ª Commissione Onu per gli Stupefacenti che si è conclusa ieri a Vienna. Parole che traducono in riforma quello che il vicepremier disse a San Patrignano l'anno Scorso:
«Basta con la politica di riduzione del danno che diventa libertà di continuare a drogarsi». «A Vienna, c'era anche Antonio Costa, fresco di nomina alla guida della sede Onu e degli specialisti mondiali per la lotta al narcotraffico, al posto di Pino Arlacchi» chiosa il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano a cui abbiamo chiesto qualche anticipazione sui progetti in cantiere.
Fini ha parlato di un "vuoto legislativo" da colmare. Meno discrezionalità e più regole? «Non solo. La legge attuale, buona prima del referendum del 93, oggi è squilibrata, è allo stesso tempo inutilimente lassista e inutilmente rigorista. È lassista verso chi si avvicina alla droga; eliminato il limite della dose media giomaliera, chi acquista droga può detenerla senza limiti se non c è prova di spaccio. Penalizza invece chi sta cercando di uscirne. In carcere il detenuto tossicodipendente può scegliere un percorso di recupero, può diventare persino educatore. Ma nel frattempo maturano le condanne a suo carico, e proprio quando torna alla "normalità" deve rientrare in carcere. Occorrono margini più elastici per personalizzare di più i percorsi. E non perdere di vista la prospettiva della prevenzione: un filtro forte all'inizio del percorso».
La riforma della legge. E poi? «A Palazzo Chigi sono iniziate riunioni a cadenza settimanale con gli esponenti dei vari dicasteri in base alla legge antidroga del '90. Per il momento 'e ancora in corso l'inventario dei problemi, che devono essere capiti e analizzati a fondo. I Sert, per esempio, spesso hanno lavorato con ritardo; il loro via libera al programma di recupero dei tossicodipendenti arrivava a volte con mesi, persino anni di ritardo».
Si è parlato anche di una conferenza nazionale... «E soprattutto di una campagna informativa in collaborazione col mondo dello sport, qualcosa che sia
capace di far nascere il coinvolgimento attivo del mondo adolescenziale e giovanile, raggiunto allo stadio, e negli altri luoghi della vita quotidiana. Questa iniziativa prevede ovviamente la presenza fissa del ministro Moratti. Quanto alle droghe sintetiche, il meccanismo delle sanzioni è ancora macchinoso. Passa del tempo prezioso dal momento in cui la molecola alla base dello stupefacente viene studiata e inserita nella tabella delle sostanze vietate. Nel frattempo escono sul mercato nuovi tipi di droga. Sarebbe meglio snellire la procedura e stabilire la sanzione in base ai sintomi».
E sul fronte internazionale? «Il nostro paese è il donatore più autorevole e rappresentativo dell'Onu per gli investimenti nella lotta alla droga: ha contribuito per il 35% del bilancio complessivo ed è in prima linea sia per i finanziamenti (neI 2002 il governo ha stanziato 12 milioni di euro), sia per combattere le coltivazioni di oppiacei in Afghanistan. Ma il problema è complesso: in tutto il Paese ci sono riserve per rifornire il mercato mondiale ancora per 24 mesi. E non basta sostituire la coltura del papavero con altre risorse: bisogna anche creare un mercato che permetta ai contadini afghani di non morire di fame».
|