ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Libero
(Sezione:  PRIMA PAGINA      e cont. a Pag.  7)
Mercoledì 26 Maggio2004

di ALFREDO MANTOVANO
   SOTTOSEGRETARIO ALL'INTERNO

CHI CRITICA LIBERO VISITI LA CATTEDRALE DI OTRANTO

 

 Andiamo a vedere i decapitati


 

Invito il presidente lombardo dell'Ordine dei giornalisti a non visitare Otranto. O, se proprio ci tiene, invogliato dalle classifiche che vedono questa splendida cittadina al primo posto fra le località balneari italiane, a non entrare nella Cattedrale. Temo infatti che, se valgono il metro e la logica che lo hanno indotto all'azione disciplinare nei confronti di Vittorio Feltri, Alessandro Sallusti e Andrea Morigi per quanto pubblicato da Libero venerdì scorso, e addirittura alla segnalazione alla Procura della Repubblica, (...) ( segue a pagina 7) (...) non ci sia scampo per il parroco, per l'Arcivescovo e per chiunque abbia la responsabilità di quel luogo di culto. Entrando nella Cattedrale, e percorrendo la navata destra, si giunge alla Cappella dei Martiri, collocata a fianco dell'altare maggiore: la Cappella è chiamata così perché nelle sue teche di vetro, aperte alla visione dei fedeli, sono raccolte le spoglie di una parte degli 800 idruntini che il 14 agosto 1480 seguirono la medesima sorte toccata qualche giorno fa a Nicholas Berg (un'altra parte degli scheletri si trova nella chiesa di S. Caterina a Napoli: alla larga anche da quella, dott. Abruzzo!).

Da secoli la Cattedrale di Otranto mostra al pubblico (anche ai minori di 18 anni) non immagini crude di sgozzamenti islamici - quelle che a proposito di Berg tutti, tranne Libero e il Foglio, hanno censurato -, ma direttamente le ossa e i teschi dei Martiri. In mezzo alla Cappella, al centro dell'altare, c'è pure la pietra sulla quale ogni testa è stata appoggiata prima di essere staccata dal corpo. Orrore degli orrori, in occasione della Festa dei Martiri, viene portata in processione una teca più piccola, custodita nella medesima Cappella, che contiene, fra gli altri, l'intestino di uno dei cristiani uccisi: che, nonostante siano trascorsi più di cinque secoli, è rimasto integro. Capite? In processione! Col rischio evidente di provocare turbamenti irreversibili fra la gente; e col rischio altrettanto evidente che qualsiasi giornalista che ne fa la cronaca con foto rischi l'incriminazione per pubblicazione di immagini raccapriccianti e per incitamento all'odio razziale. I fatti sono noti. Negli ultimi giorni di luglio del 1480 all'orizzonte di Otranto comparve la flotta degli Ottomani guidata da Achmet Pascià. Puntavano a Roma, dove sarebbero arrivati se, al momento dello sbarco, non avessero incontrato resistenza, dal momento che i sovrani italiani ed europei dell'epoca pensavano ad altro. E invece resistenza vi fu.

Nessuno a Otranto invocò risoluzioni internazionali, sventolò vessilli arcobaleno, o convocò il consiglio comunale per dichiarare la zona demilitarizzata. Per più di due settimane i 15.000 idruntini bollirono olio e acqua, finché ne ebbero, e li rovesciarono dalle mura sugli assedianti. Quando si ruppero i bastioni, combatterono strada per strada, finché restarono in 800 uo- mini adulti, e furono catturati: a ciascuno di costoro i musulmani proposero l'abiura. Rifiutarono tutti e furono uccisi, uno per uno, col metodo Berg. Giovanni Paolo II li ha beatificati nel 1980, recandosi di persona a Otranto e ringraziandoli per aver salvato la Cristianità: giacché ci siamo, denunciamo pure il Papa? Non conosco la giurisprudenza disciplinare dell'Ordine dei giornalisti. Ho qualche remota dimestichezza con il codice penale. Se valesse il richiamo del dott. Abruzzo alla legge n. 47/1948 sulle foto raccapriccianti, Dario Argento avrebbe da anni accumulato vari ergastoli, e sarebbe stato da poco raggiunto in carcere dai direttori dei mass media che hanno pubblicato le immagini delle torture nel carcere di Abu Ghraib. Quanto alla discriminazione per scopi razziali, registro che per il presidente dell'Odg lombardo i terroristi sono come i morti: se ne può parlare solo bene; l'alternativa è la reclusione. Non è evidentemente un problema da lasciare ai legulei, con commi e glosse da interpretare.

La vicenda conferma la voluta rimozione di una dimensione che non si riesce ad accettare fino in fondo, accompagnata dalla rinuncia a decisioni impegnative e conseguenti alle immagini pubblicate da Libero: chi segue i fotogrammi della macellazione di Berg o dell'ostaggio dei ceceni, mentre sono pronunciate invocazioni religiose e minacce ai nemici, è portato a ricordare, alla ricerca di un perché, quante altre volte nella storia si sono realizzati rituali simili in base ai medesimi presupposti ideologico-religiosi, e si sente in dovere di chiedersi che cosa può fare per evitare che si ripetano e si diffondano. E poiché tanti hanno scelto pregiudizialmente di non fare nulla, altrettanto pregiudizialmente rifiutano di vedere. Al punto, paradossale ma non troppo, da invocare la censura. In un momento in cui la libertà di stampa non è mai stata così essenziale.


alfredo@mantovano.it

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