ROMA - «Altro che privilegi, abbiamo risparmiato il 32% in tre anni». Per il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano di An, presidente della Commissione centrale sui programmi di protezione, tutti i benefit e le agevolazioni di cui godono i pentiti sono «misure di sicurezza finalizzate a tutelare la loro vita e la segretezza sulla loro idendità». Compreso il Trf, che pr lui non è uno scandalo, ma «la ragione per cui, da quando è in vigore la legge 45 dek 2001, nonostante non sia calato il numero dei collaboratori protetti, abbiamo decurtato i costi di un terzo».
Oltre alla paga, anche la liquidazione. Sottosegretario Mantovano, non è un pò troppo?
«Prima di tutto la "capitalizzazione" consente di far fuoriuscire molte persone e di non mantenerle a vita. Nonostante rispetto alla scorsa legislatura sia stato liquidato il quintuplo dei collaboratori, passati da 179 a 684, abbiamo decurtato le spese di un terzo. Questo vuol dire che il sistema funziona. Prima si aveva notizia di cifre milardarie concesse a pentiti eccellenti e persino di crociere finanziate dallo Stato. Oggi esistono regole certe».
L'assegno di mantenimento, però, può variare di molto
«Un pentito che entra in un programma di protezione, viene trasferito in un'altra località ed è tenuto a una serie di obblighi stringenti. Ma gli va garantito il mantenimento in vita, perchè di questo parliamo: il contributo mensile per chi decide di collaborare è di 820 euro se vive da solo».
Ma se già ha un figlio, lo stipendio supera i mille euro e cresce in proporzione al nucleo familiare, cosa che non vale per la gente normale
«Il pentito deve essere mimetizzato. È un'esigenza di sicurezza che induce ad inserire nel programma di protezione tutta la famiglia».
I collaboratori, però, godono anche di tutta una serie di facilitazioni cui gli altri comuni cittadini non hanno accesso
«La priorità è che queste persone non siano ammazzate e perchè questo non accada non devono essere individuate, come spesso invece è accaduto in passato».
Questo giustifica il rimborso delle bollette, delle spese sanitarie, dei libri scolastici e i bonus per i vestiti?
«Sono esigenze minime di sopravvivenza».
Anche le visite mediche private?
«Se il collaboratore avesse un libretto sanitario e si recassse dal medico di base, come tutti gli altri, verrebbero immediatamente svelate tutte le sue generalità. Ecco perchè è più sicuro il ricorso agli studi privati. Qusto non è un privilegio rispetto ai comuni mortali, ma una necessità di tutela della persona».
E la carta di credito? Anche questa funge da salvavita?
«Non è una carta di credito, ma un bancomat, con un limite fissato sulla base del tetto mensile. Se alla fine del mese si sfora, come per tutti, c'è la dizione "fondo esaurito».
Ai pentiti, però, è consentito sforare il tetto dei 160 euro giornalieri.
«Non è così, il limite coincide con quello del contributo mensile, poi l'uso quotidiano può variare».
In ogni caso, i poliziotti il bancomat ministeriale non ce l'hanno
«Intanto non farei il confronto con i poliziotti perchè mi sembra poco dignitoso».
Non crede sia poco dignitoso, invece, che chi combatte il crimine non abbia diritto a nessuno dei privilegi di cui gode che il crimine lo ha commesso?
«Io sono il primo a dire, avendo anche la delega alla Pubblica sicurezza, che la remunerazione dei corpi di polizia è inferiore ai rischi che corre. Con questo governo, però, hanno avuto un aumento pro-capite di 111 euro lorde al mese, che non sono una cifra con cui arrichirsi, ma è di più rispetto alle 18mila lire sottoscritte dal governo D'Alema. Da un lato, ci troviamo dei servitori dello Stato che rischiano la vita: dall'altro, a dei criminali che vanno tutelati in base a una scelta fatta dal Parlamento e che al governo tocca attuare».