ROMA
Giovanni Salvi, membro togato del Csm per Md, ha indagato a lungo sulle nuove Br, quando faceva parte del pool antiterrorismo della procura di Roma. Ha affermato che accostare il terrorismo al «mondo dei movimenti» sarebbe «un gravissimo sbaglio».
Dov'è il pericolo in un simile accostamento?
Si tratta di fenomeni radicalmente diversi: accostarli provocherebbe un errore prospettico dal punto di vista investigativo. Inoltre rischierebbe di spingere alcune fasce verso una ulteriore radicalizzazione, inducendole a forme di clandestinizzazione. Ma sia chiaro: anche i movimenti vanno monitorati quando adottano forme di lotta che travalicano la legalità.
Incluso il blocco dei treni?
Anche se alcune fattispecie non sono più considerate più reato, il blocco dei treni può travalicare nell'illegalità. Quel che si può dire con certezza è che ci sono fasce che non rifuggono da forme di contrapposizione anche violenta. Vanno individuate, ma confonderle con il terrorismo è un grosso errore prospettico.
E quali sono i rischi quando gli accostamenti vengono fatti con organizzazioni che non sono radicali e non usano forme di lotta illegali?
Qui scendiamo su un terreno diverso e a me estraneo, quello della polemica politica. Il danno possibile è sempre lo stesso: quello di spingere alcuni settori verso posizioni sempre più radicali. In queste vicende bisogna evitare atteggiamenti strumentali, che si pagano sempre. Ci vuole chiarezza e, direi, senso delle istituzioni. Bisogna operare una netta distinzione tra i terroristi, chi anche indirettamente li appoggia e chi si oppone, non dico solo al governo, ma anche alle istituzioni. Cosa che in una democrazia è del tutto lecita.
Cosa pensa della proosta di una procura nazionale antiterrorismo?
E' ora di parlarne approfonditamente. Ho forti perplessità nei confronti di una struttura con mere funzioni di coordinamento, come è oggi la procura antimafia. Se invece si trattasse di una vera e propria procura, occorrerebbe rflettere sul grande potere che si concentrerebbe in un unico organismo investigativo. Bisognerebbe anche tenere conto della ricchezza che si perderebbe con la capacità di essere vicini al territorio. Detto questo, mi rendo conto che la necessità di creare raccordi internazionali, di centralizzare le informazioni, di garantire rapidità nelle risposte e riservatezza, possa riaprire comunque la discussione.
Qual è il rapporto tra le vecchie Br e queste?
Premetto che faccio sempre e solo riferimento a a fatti già pubblici, senza utilizzare fonti diverse. Da quel che chiunque può leggere, emerge con evidenza un collegamento con spezzoni delle organizzazioni del passato, e non si può sottovalutare la pregnanza delle rivendicazioni fatte da alcuni terroristi detenuti. Una continuità delle organizzazioni c'è sicuramente. Quanto alla continuità sul piano degli individui, questa è sempre stata un'ipotesi sulla quale la procura di Roma ha lavorato, e che mi pare abbia ricevuto adesso una tragica conferma. Proprio per questo le inchieste si sono svolte seguendo un metodo parallelo: da un lato sulle vecchie Br, dall'altro con tecniche assolutamente innovative e molto sofisticate, come quella che ha permesso di identificare e addirittura reperire la carta telefonica della rivendicazione dell'omicidio D'Antona.
Come mai, nonostante l'esperienza storica e una tecnologia così sofisticata, prendere i nuovi brigatisti è stato così difficile?
E' ancora così difficile. Si tratta di un gruppo molto ristretto e compartimentato, con comportamenti nuovi rispetto al passato, adeguati alla fase di ritirata strategica. Basti pensare alla rarefazione delle azioni, che già di per sé rende difficile mettere in connessione i diversi fili.
Lei ha ipotizzato che nelle nuove Br la figura del terrorista «regolare» non sia più centrale. I nuovi brigatisti condurrebbero una doppia vita...
Conducono una vita normale nella quale si insinuano con molta rarefazione i contatti con l'organizzazione. Contatti che tuttavia devono avvenire, ed è quella la fase più delicata.
Concorda con il sottosegretario Mantovano, secondo cui le nuove Br non vanno oltre le 25-30 persone?
Concordo sul fatto che si tratti di un gruppo molto ristretto. Il che non incide sulla loro pericolosità. Hanno già dimostrato di essere in grado di inserirsi nella dinamica delle relazioni industriali e della vita politica. Che siano così pochi è rassicurante, perché significa che il consenso esteso di cui hanno goduto nel passato è finito ed è probabilmente irripetibile. Ma non deve farli ritenere meno pericolosi né politicamente né in termini di capacità offensiva.