ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su il manifesto (Sezione: Società pag. 9) |
Venerdì 1 Ottobre 2004 |
CINZIA GUBBINI DROGHE
«Depenalizzare il consumo»
ROMA Un disegno di legge per modificare il testo unico sulla droga e soprattutto per combattere, sullo stesso terreno, l'analoga proposta a firma Fini-Mantovano - una sorta di spada di Damocle che pende sulla testa delle migliaia di consumatori di «sostanze proibite». Il ddl è stato depositato al senato e porta la firma di tutti i gruppi di centrosinistra. E' questo, aldilà del contenuto della legge - che si pone obiettivi coraggiosi, in un clima da caccia alle streghe - il dato più significativo: come ha detto il senatore dei Verdi Zancan, tra i primi firmatari, «è una piattaforma accettata da tutti, un progetto proiettato verso il futuro» quando cioè (prima o poi) governerà il centrosinistra. Ma è anche, ha detto Franco Corleone, presidente di Forum droghe, che ha partecipato alla stesura del testo, «un lavoro legato all'opposizione alla legge Fini», a cui hanno partecipato i Sert, gli operatori, le comunità. Ma cosa dice il ddl? Tre i punti essenziali: distinguere una volta per tutte il consumo dallo spaccio, inserire serie politiche di riduzione del danno, rendere accessibili le alternative al carcere. Il testo ricalca, in sostanza, quello depositato alla camera da Marco Boato. Il punto fondamentale è la previsione di pene elevate soltanto per le ipotesi di traffico di droga. Ma soprattutto, nel riscrivere l'articolo 73 viene eliminata ogni ipotesi di sanzione per chi consuma, anche quelle amministrative (come il ritiro della patente). Ci si concentra su chi cede sostanze psicotrope «a terzi al fine di ricavarne profitto». La pena è da 1 a 6 anni di reclusione, con multe che possono arrivare 25.000 euro. Per il grande traffico, invece, le pene vanno da 3 a 10 anni di reclusione e le multe fino a 258.000 euro. E' prevista anche un'attenuante per chi «si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori». Sul fronte delle politiche non repressive, il testo prevede la riduzione del danno tra gli obiettivi degli enti locali e degli enti ausiliari. C'è poi il capitolo, centrale, della detenzione in carcere per i tossicodipendenti che - hanno ricordato i firmatari del testo di legge - «rappresentano il 30% della popolazione carceraria». Ayala (Ds) ha ricordato quando, nella sua esperienza di magistrato, «mi inviarono per la prima volta in carcere ad interrogare una persona in stato di astinenza. E' stato sconvolgente, ho detto: questa non è una persona che ha bisogno di me, è una persona malata». Per i tossicodipendenti, legati al piccolo spaccio e che però più spesso finiscono dietro le sbarre, si prevedono sanzioni per reato di lieve entità, e la possibilità di valutare l'irrilevanza del fatto. Si introduce inoltre l'istituto della «messa alla prova» che permette di far accedere il tossicodipendente a un programma di riabilitazione. In generale, abbassando le pene previste per i reati connessi alla droga, si mira a permettere l'accesso alle pene alternative al carcere ai tossicodipendenti, che spesso rimangono esclusi perché si trovano a scontare condanne altissime per la concorrenza di diversi reati. «Basta con gli approcci ideologici alla questione della droga - ha detto Cavallaro, della Margherita - il consumo di sostanza stupefacenti va contrastato attraverso la prevenzione, e va combattuto lo spaccio». La legge Fini, ha detto «ci riporta indietro a prima del `93», quando le urne referendarie cassarono la punibilità per il consumo e il criterio arbitrario della «dose media giornaliera» (reintrodotto, di fatto, dalla legge Fini). Cavallaro ha anche ricordato che la sentenza della Cassazione dell'altro ieri, che ribadisce la non punibilità col carcere del solo consumo, «rende ancora più opportuno il nostro ddl».
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