ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su il manifesto (Sezione: Politica Pag. 2 ) |
SABATO 28 GIUGNO 2003 |
A. MAN. LA MISSIONE
Tripoli sempre più vicina
ROMA Il giorno dopo si fa fatica, anche nella Casa delle libertà, a trovare qualcuno che abbia voglia di difendere la «campagna di Libia» di Silvio Berlusconi. L'esternazione di giovedì del premier era stata uno schiaffone a uno stato sovrano, l'annuncio unilaterale dell'invio di soldati e navi da guerra a contrastare le partenze verso l'Italia nei suoi porti e nelle sue acque territoriali. «Manderemo soldati e navi in Libia», aveva detto Berlusconi. E quel delirio, fin troppo in sintonia con Umberto Bossi che invoca «il cannone», è ora derubricato a semplice «gaffe», persino su Repubblica. Il presidente del consiglio aveva anticipato, con parole irricevibili e infatti respinte da Tripoli, la conclusione di un negoziato ancora in corso per un'intesa bilaterale: addestramenti di forze libiche, pattugliamenti ed esercitazioni congiunte a terra e in mare, ma non certo l'occupazione dei porti; in cambio la Libia chiede l'impegno italiano per ottenere, almeno dalla Ue, la revoca dell'embargo sulle armi che non consente al colonnello Muhammar Gheddafi neanche l'acquisto delle normali attrezzature per le forze di polizia. Palazzo Chigi aveva perciò anche dovuto rettificare fin da giovedì sera, mentre i libici replicavano infuriati, e ieri sono poi intervenuti Viminale e Farnesina, cioè i ministeri interessati, a chiarire il (comunque discutibile) progetto italiano, tema degli incontri ufficiali che il ministro dell'interno Beppe Pisanu ha in programma il 3 luglio a Tripoli. I pezzi grossi del Polo tacciono. L'opposizione però è ridotta ai minimi termini. Oltre a Verdi e Prc, intervenuti aspramente fin da giovedì, ieri ha preso posizione anche Francesco Rutelli, ma solo per sbeffeggiare il premier sui modi condividendo il merito delle sue scelte. A ben vedere, Berlusconi si prepara a fare in Libia (ex colonia italiana e fascista) quanto il centrosinistra fece in Albania (ex colonia anche quella) a partire dal `97, sia pure - a quanto sembra - senza la copertura (formale) di una missione Ue che i governi ulivisti si erano fatti consegnare allora. Così Rutelli dice: «Annunciare una collaborazione militare con un paese sottoposto a embargo internazionale, che non può comprare una jeep per la propria polizia, è una iniziativa che dimostra, come al solito, improvvisazione». Il leader della Margherita ha parlato di «riserve americane» sull'iniziativa, perché «la Libia è un paese sotto embargo e ha obblighi stringenti». Per lui però l'operazione «in linea di principio è giusta perché è necessaria - spiega - la collaborazione, ma il modo con il quale è stato fatto è tipico di Berlusconi». Oliviero Diliberto, segretario dei comunisti italiani, la vede diversamente, a lui l'operazione non piace affatto come a Rifondazione e ai Verdi: «Le parole di Berlusconi nei confronti della Libia dimostrano una risibile concezione colonialista della politica estera del governo, che è stato clamorosamente smentito dalle autorità libiche». Dilberto porterà con Jacopo Venier, responsabile esteri del Pdci, la solidarietà del partito all'ambasciatore libico a Roma, ribadendo la richiesta al governo di sostenere la fine delle sanzioni contro Tripoli. E' il governo stesso a chiarire che il modello è proprio l'intervento di qualche anno fa in Albania. «E' il riferimento per fare funzionare un' ipotesi di accordo con la Libia - ha spiegato Alfredo Mantovano di An, sottosegretario agli interni con delega alla sicurezza - Fino a questo momento ci sono contatti molto stretti fra le forze di polizia dei due Paesi». Ma Mantovano, confermando l'imminente visita di Pisanu a Tripoli, dice anche che «il protocollo tecnico di intesa prevede pattugliamenti congiunti e stretta collaborazione, nel pieno rispetto della sovranità territoriale della Libia». Franco Frattini, ministro degli esteri, ha conferma i segnali di disponibilità delle autorità libiche. E ha anche sottolineato che una commissione dell'Unione europea, su richiesta dell'Italia, sta verificando le condizioni per allentare la morsa dell'embargo.
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