ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su il manifesto (Sezione: Politica Pag. 2 ) |
Sabato 6 settembre 2003 |
GIOVANNA PAJETTA
Casini sfida Berlusconi
Io non correggo, mantengo». Quando la breve nota di Silvio Berlusconi viene letta dal palco di Fiuggi, Pierferdinando Casini non fa una piega, sapeva che sarebbe arrivata, l'aveva annunciata lui stesso mezzora prima. Ma il punto non è questo. Nel lungo discorso del leader dell'Udc c'è infatti ben di più che un omaggio, dovuto e prevedibile, al presidente della Repubblica e ai magistrati così violentemente offesi dal premier. A malapena mascherata sotto i panni di presidente della camera («arbitro e non tifoso o giocatore» come ha voluto definirsi più volte), quella di Casini è stata infatti una vera e propria autoinvestitura. Un tentativo di disegnare, dopo mesi di conflitti latenti e di risse nella Casa delle libertà, l'immagine di un leader capace di tener testa, se non di essere già oggi un'alternativa, allo strapotere del padrone della Casa delle libertà. Il primo strappo, ovviamente è sul tema della giustizia. «Condivido l'appello del capo dello stato, parole di equilibrio che interpretano il pensiero degli italiani - si schiera da subito il leader centrista - In tutte le categorie ci sono le mele marce, ma non si può mettere in dubbio la gratitudine e il rispetto verso la magistratura». Ma quasi a temere che il suo omaggio al Colle appaia troppo formale e scontato, ecco pronta la dichiarazione di fedeltà non alla carica ma a chi la ricopre. «Ma dove lo troviamo un presidente come Ciampi? A cui dobbiamo essere grati perché non si fa tirare per la giacca, che rappresenta un punto di riferimento istituzionale». E, soprattutto, un punto di riferimento nel gioco che, con tutte le cautele del caso, Pierferdinando Casini si appresta a giocare. Indicando all'Udc un cammino complicato ma, quantomeno nello spazio di un discorso da festa di partito, decisamente diverso da quello che, a Gubbio, Sandro Bondi ha appena affidato a Forza Italia. Casini parla di tutto, dalle pensioni ai veleni di Telekom Serbia, e ogni argomento è buono per bacchettare i fedelissimi di Berlusconi. Così il leader dei centristi si augura «una ulteriore riflessione e un ulteriore dialogo, non solo all'interno della Casa delle libertà ma con l'opposizione» sulla legge Gasparri (invisa, come si sa, al Colle), sentenzia che «le riforme non si fanno a maggioranza», chiede concertazione sulle pensioni, dice no (solo tra le righe, s'intende) alla commissione parlamentare sulla magistratura. E su quella che già c'è, ovvero Telekom Serbia, dopo aver criticato l'aventinismo dell'opposizione, afferma che «le commissioni di inchiesta, una volta istituite vanno rispettate, ma con serenità dico che queste devono rispettare gli uomini». Fioccano gli applausi e i sonori sospiri di sollievo dell'intero quadro dirigente dell'Udc. Certo, non tutti possono permettersi di ripetere ad alta voce ciò che ha appena detto il presidente della camera. Del resto, come precisa Rocco Buttiglione, nell'intervista a The Spectator, non tutto è da buttare. A cominciare dalla difesa a spada tratta dell'onore di Giulio Andreotti. Ma qualcuno già rompe l'assordante silenzio di giovedì. Carlo Giovanardi, dopo aver accolto il nazionalleato Mantovano, magistrato, con un ironico «dovrei dire il matto Mantovano...», trova il coraggio di mandare a dire a Sandro Bondi che «è fuorviante insistere solo sulla giustizia, perché i problemi dell'Italia sono tanti». Ma c'è anche chi pensa che non valga la pena di fermarsi alle schermaglie verbali. Così il senatore Francesco D'Onofrio, introducendo a Fiuggi l'intervento di Casini, già anticipa l'invito del presidente della camera ad aprire da subito il dialogo sulle riforme costituzionali. «Proporrò ai `saggi' della Casa delle libertà - annuncia dal palco - di incontrare i capigruppo dell'opposizione prima che la riforma vada in parlamento». Ma per capire quanto i fatti corrisponderanno alle parole di Casini, e dei suoi compagni di partito, bisognerà aspettare quantomeno la riapertura della camera. E, soprattutto, vedere se qualcuno in Alleanza nazionale oserà fare da sponda alla ventilata rivolta centrista. Il partito di Fini non ha infatti ancora rotto la consegna del silenzio, e l'unico segno tangibile del malumore è venuto dalla prima pagina del Secolo d'Italia. Sotto il titolo «Una gaffe di Berlusconi sui giudici rianima il centrosinistra», è apparsa ieri l'irrispettosa vignetta in cui Silvio Berlusconi, alla guida di un'ambulanza, entra in un manicomio dicendo felice «Oggi sono in vena di pazzie».
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