ALFREDO MANTOVANO

RESPONSABILE DI A.N. PERI PROBLEMI DELL O STATO

 


Comunicato del 5 luglio 1999 ore 10.00


Mantovano (AN) - Lettera aperta ai neo eletti parlamentari delle suppletive di Lecce e al riconfermato presidente della Provincia: liberare la politica dagli uomini contigui alla criminalità organizzata che hanno contribuito a eleggervi.

 

Allego la lettera aperta che ho indirizzato al Sen. Alberto Maritati, all'on. Cosimo Casilli, neo eletti parlamentari nelle suppletive di Lecce, e all'avv. Lorenzo Ria, che il 13 giugno è stato confermato al primo turno presidente della provincia di Lecce. Le ragioni dell'intervento sono contenute nella lettera stessa, che è stata inviata - per doverosa conoscenza - al Presidente della Commissione parlamentare antimafia sen. Ottaviano Del Turco.

 

 

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Ill.mo Dott. Alberto Maritati

neo-eletto senatore della Repubblica

Ill.mo On. Cosimo Casilli

neo-eletto deputato al Parlamento

Ill.mo Avv. Lorenzo Ria

Presidente dell'Amministrazione provinciale di Lecce

p.c., Ill.mo Sen. Ottaviano Del Turco

Presidente della Commissione parlamentare antimafia

Lettera aperta

Cari Maritati, Casilli e Ria,

Vi è noto che, a seguito di indagini dell'autorità giudiziaria leccese e su proposta del ministro dell'Interno, con decreto del 30-9-91 il Presidente della Repubblica sciolse il consiglio comunale di Surbo (Le), che era stato eletto nel maggio 1988. Alla base del decreto vi erano i "collegamenti diretti e indiretti tra parte dei componenti del consesso e la criminalità organizzata", tali da determinare "pressanti condizionamenti degli amministratori", la cui "chiara contiguità (…) con la criminalità organizzata arreca grave pregiudizio per lo stato di sicurezza pubblica". Nella relazione del ministro dell'Interno, datata 20-9-91, preparatoria del decreto, si precisava che i collegamenti erano fra la cosca capeggiata da Angelo Vincenti e più di un componente del consiglio comunale: in proposito, il ministro citava tre cognomi, fra cui quello di tale Cirio; si aggiungeva che il condizionamento dell'attività amministrativa arrivava al punto da aggiudicare gli appalti del Comune a ditte facenti capo ai Vincenti.

Cirio, indicato nel decreto col solo cognome, è Cirio Antonio, nato a Surbo il 5.9.51, componente della giunta municipale di Surbo, scaturita dalle elezioni del 1988. L'individuazione è sicura, poiché le indagini giudiziarie, parallele all'istruttoria del ministro, hanno condotto in primo grado, in data 9-12-93, alla condanna dello stesso Cirio, in concorso con l'allora sindaco di Surbo e con gli altri componenti della giunta, a un anno di reclusione, accompagnata dall'interdizione dai pubblici uffici, per una serie di abusi commessi nell'esercizio delle funzioni, riguardanti appalti affidati ai Vincenti. Ho qualche cognizione del caso poiché componevo il collegio giudicante e sono stato l'estensore della sentenza del tribunale. La sentenza è stata confermata in appello, il 17-1-97, ed è stata annullata con rinvio dalla Cassazione, il 2-9-97, solo perché nel frattempo il Parlamento aveva modificato il reato di abuso d'ufficio, e questo rendeva necessario un nuovo esame del caso da parte del giudice di merito; pure nella sentenza della Cassazione, a proposito degli atti di aggiudicazione degli appalti, si conferma che "non pare dubitabile la sussistenza del carattere di illegittimità (…) insito nelle deliberazioni oggetto della pronuncia impugnata".

Perché questa ricostruzione? Soprattutto, perché mi rivolgo a voi? Per la ragione che, in occasione delle elezioni per il rinnovo dell'amministrazione provinciale di Lecce, Antonio Cirio si è candidato nel collegio Surbo-Trepuzzi nelle file del Partito Popolare Italiano - lo stesso del presidente Ria e dell'on. Casilli -, e nel solo comune di Surbo ha riportato 2.270 voti, pari al 40,41 % dei consensi validamente espressi, su un totale di ben 18 candidati: dunque, un'affermazione importante e significativa, che ha apportato un contributo non irrilevante alla elezione di Ria. Ancora, perché lo stesso Cirio è stato un pubblico sostenitore della elezione di Maritati e di Casilli al Parlamento italiano; un volantino, "Appello agli elettori", distribuito a Surbo in occasione della campagna elettorale per le suppletive, invitava a esprimere il voto per voi, ed era sottoscritto dai rappresentanti dei partiti presenti a Surbo: tra le firme c'è pure quella di Antonio Cirio; nel comitato elettorale di Cirio i suoi manifesti propagandistici erano affiancati da quelli di ciascuno di voi.

A scanso di equivoci: non intendo aprire polemiche sull'appoggio che avete ricevuto. Non l'ho fatto in campagna elettorale, per evitare strumentalizzazioni e per non esacerbare gli animi; e non sono sicuro che, a parti invertite, sarebbe andata allo stesso modo. Sapete bene, e lo sa in particolare Maritati, che elementi più esili - l'occasionale stretta di mano con personaggi vicini alla criminalità al termine di un comizio - sono stati adoperati per montare castelli accusatori, anche nelle aule di giustizia, contro politici di vario colore. Mi sarei attesa una diversa cautela, soprattutto da parte dell'ex procuratore nazionale aggiunto antimafia: nonostante l'attuale sindaco di Surbo, durante un comizio, abbia coraggiosamente fatto menzione di questa vicenda - e la sua denuncia abbia avuto qualche eco sui mass media locali -, non vi è stata alcuna successiva presa di distanza rispetto a un sostegno così sbandierato.

So bene che i voti non si selezionano sulla base delle pendenze penali degli elettori. All'indomani della mia elezione alla Camera, tre anni fa, il sen. Pellegrino mi rimproverò di aver ricevuto l'appoggio, in campagna elettorale, di una persona che pochi mesi prima era stata assolta da un collegio giudicante del quale facevo parte; ma, posto che, dopo aver querelato il senatore DS, ho ricevuto in sede giudiziaria attestazione di assoluta correttezza di comportamento, e posto che la persona in questione ha visto confermare in appello la sua sentenza di assoluzione, il caso che sollevo è radicalmente diverso: qui si tratta di un soggetto condannato e appartenente a un consiglio sciolto per mafia, il cui nome compare espressamente nel decreto di scioglimento. Sollevo il problema adesso, a una settimana dal voto delle suppletive, proprio perché mi interessa un'ottica esclusivamente costruttiva. Sollevo il problema perché, mentre prosegue ininterrotto il flusso di armi e di droga da oltre Adriatico, che sfrutta l'immigrazione clandestina e che conta su riferimenti logistici nel Salento, la criminalità organizzata rialza la testa proprio nella zona compresa fra Surbo e Campi Salentina, con personaggi non toccati da precedenti indagini, o - con maggiore frequenza - con condannati che hanno terminato l'espiazione della pena. Senza voler mettere tutto sullo stesso piano, l'ultima cosa di cui c'è bisogno è però che tornino sulla scena politici locali che le autorità giudiziaria e di polizia avevano tolto di mezzo, perché rappresentavano l'anello di congiunzione fra la politica e gli appalti ai clan.

Per questo interpello voi, ma al tempo stesso l'intera classe politica salentina. Sono sempre stato convinto che l'ordine e la sicurezza sono beni di tutti, cui tutti, prescindendo dagli schieramenti, devono porre attenzione pregiudiziale perfino rispetto al tema del lavoro: perché non c'è lavoro senza sicurezza. E' un dato di fatto che il nome di un ex amministratore colluso con la criminalità di tipo mafioso sia stato pubblicamente associato a quello dell'attuale presidente della provincia e dei neo eletti parlamentari. Non è materia di denuncia al ministro dell'Interno o alla magistratura; è materia che interpella direttamente la politica, la quale deve assumersi la responsabilità di svolgere un'opera di autotutela e di pulizia interna. Oso avanzare una proposta: che tutte le forze politiche presenti e operanti nel Salento stringano un patto di ferro per impedire, nell'interesse del Salento, che personaggi dei quali sia stata documentata la contiguità alla delinquenza di tipo mafioso d'ora in avanti partecipino attivamente a ogni livello di vita politica.

Lecce, 5 luglio 1999

On. Alfredo Mantovano

 

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