ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione:        Pag.     )
Mercoledì 15 giugno 2005

RAFFAELE INDOLFI

 

  

 L’INTERVISTA


 

«Alemanno ha fatto bene, ma Fini non si discute». Il sottosegretario al Welfare Pasquale Viespoli interviene nel dibattito aperto in An dalle dimissioni di Alemanno e Mantovano dagli incarichi di partito.

Onorevole Viespoli, oggi è il giorno del chiarimento in An, cosa accadrà?
«Oggi c’è l’ufficio di presidenza che è il luogo per il confronto e la riflessione non solo sulla vicenda referendaria che ha dato segnali chiari, ma sulla vicenda che preesisteva e che riguarda il ruolo e il protagonismo di An nel governo, nella società come nello scenario e nel dibattito che si è aperto rispetto a come garantire la democrazia dell’alternanza nel bipolarismo».

Fini si deve dimettere?
«Lui ha detto con chiarezza che non ha quest’idea. Credo che il partito ha bisogno di un confronto scevro da condizionamenti interni precostituiti. Un confronto che metta al centro il dibattito sulle tesi politiche, sulle idee e potenzialità che Alleanza nazionale conserva».

Lei parla di confronto, ma l’aria che si respira nel suo partito non pare essere proprio quella più adatta per una discussione serena?
«È evidente che non siamo in una situazione in cui tutto è rose e fiori. Siamo chiamati all’appuntamento con una stagione politica di grande rilievo. Il referendum, al di là della contrapposizione che si è determinata, ha dimostrato una cosa importante per tutti. E, cioè, che la politica si deve riappropriare della capacità di esprimere non soltanto programmi e soluzioni, ma di rappresentare valori, grandi opzioni ideali. È evidente che la destra vive oggi una contraddizione che deve sciogliere, perchè da una parte quest’ondata ”valoriale” è in sintonia con il sentire profondo della destra, dall’altra però la destra e Alleanza nazionale, in particolare, proprio in questa fase non riesce ad essere punto di riferimento in questo contesto».

Perché?
«Credo perchè l’errore sia stato quello di ritenere che la politica dovesse fare un passo indietro e, invece, la politica deve fare un passo avanti e guardare più in alto. An, partito di programma e di valori, che è nato con quest’impostazione e finalità strategica, per responsabilità di tutti, si è fatto risucchiare dalla quotidianità e molto spesso ha perso la tensione e la motivazione ideale».

Si deve, allora, discutere, non azzerare il vertice?
«Si deve discutere. Fini ha assunto una posizione, rivendicando la libertà di coscienza, rispetto a una opzione largamente maggioritaria all’interno di An verso l’astensionismo. L’esito referendario, a maggior ragione, determina un confronto e una discussione che dà a Fini una responsabilità ulteriore: quella di indicare una linea di rilancio di An. Una linea che accanto alla questione politica risponda alla questione ”valoriale”. Per fare una battuta, non abbiamo fatto un referendun sulla leadership di An e non credo sia utile aprire un referendum sulla leadership di An. Credo che l’iniziativa di Alemanno esprima l’esigenza di un confronto forte ed è sicuramente utile e positiva. Non ci sarà nessuna rersa dei conti».


    

 

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