MARIA PAOLA MILANESIO
«La sinistra? Ormai è un nulla che abbaia»
«C’era una volta la sinistra di governo che guardava con molta condiscenza ad An, manifestava comprensione verso i ragazzi di Salò, elogiava Fini nella commissione Bicamerale, ricercava, e lo otteneva, l’appoggio per le grandi missioni internazionali. Oggi tutto questo non c’è più: c’è un nulla che abbaia». Bastano queste parole per capire l’umore di Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno, esponente di An, nonché antagonista di D’Alema nel collegio di Gallipoli, poi conquistato dall’ex presidente del Consiglio.
Fini ha definito le affermazioni di Violante e D’Alema come aberranti. Lei parla di nulla che abbaia. Siamo ai ferri corti, alla contrapposizione pura e dura?
«Sa perché parlo di ”un nulla che abbaia”? Perché non vedo riferimenti ideali, ma soltanto una sinistra contraddittoria, pronta ad affiancare le tute bianche a Genova e al tempo stesso a dare lezioni di ordine pubblico. E poi quell’arroganza dei termini... Mi ha colpito la definizione che D’Alema ha dato di An: la destra estrema di origine neofascista. Nessuno di noi ha mai usato nei loro confronti l’espressione sinistra estrema di origine staliniana, anche se forse non sarebbe stata del tutto impropria vista la dimestichezza con le molotov del giovane D’Alema o l’uso che Violante faceva degli ordini di cattura, utilizzati per indurre a confessione i galantuomini che non avevamo commesso niente. Ogni riferimento a Sogno è assolutamente voluto».
Insomma, lei la spiega come una sindrome da opposizione.
«Bisognerebbe chiederlo a loro. Credo che ci sia un complesso di ragioni: a sinistra si rendono conto di stare all’opposizione; di non avere una linea unitaria, tanto che nella mozione di sfiducia a Scajola mancano firme autorevolissime; di rischiare di perdere sia l’elettorato moderato sia quello più a sinistra, con la possibilità di vedere eroso da due parti il consenso elettorale».
Al governo c’è la destra e allora le forze dell’ordine si sentono autorizzate a usare i mezzi forti. Esclude che ci possa essere un po’ di verità?
«Come il vicepresidente del Consiglio, Fini, dico che è un discorso aberrante. Noi partiamo dallo stesso presupposto da cui è partito il Presidente Ciampi: deve essere ben chiaro il confine tra chi ha organizzato le aggressioni e chi le ha subite. E le aggressioni a Genova sono state programmate nelle settimane precedenti il vertice e poi attuate. Le immagini televisive dimostrano che non c’era un corteo di dimostranti pacifici disturbato da frange di contestatori, ma che era difficile distinguere tra gli uni e gli altri. La reazione delle forze dell’ordine è stata legittima, anche se nessuno esclude che ci siano stati eccessi. Saranno l’indagine amministrativa del Viminale e quella della magistratura a definirne la sussistenza. Ma questo non deve servire a portare sul banco degli imputati tutta la polizia e non può far mettere in stato d’accusa il ministro dell’Interno».
Perché An ha fatto resistenza anche sull’indagine parlamentare?
«Vorrei conoscere quali precedenti ci sono. Mai una indagine parlamentare si è sovrapposta materialmente e cronologicamente all’indagine disciplinare e soprattutto giudiziaria. Chiedere una cosa del genere, significa non avere fiducia nella magistratura».
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