ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
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Mercoledì 20 Ottobre 2004

ELENA ROMANAZZI

 

 

 L’EMERGENZA IMMIGRAZIONE

 


 

Roma. Il passaporto resterà più o meno lo stesso. Al ministero dell’Interno preferiscono per ora non rivelare se già ci sia il prototipo del nuovo documento. Certo è che al G5 ognuno è arrivato con una sua idea che poi dovrà essere discussa. La strada scelta, per partire effettivamente nel 2006, sembra comunque quella di inserire nel libretto identificativo un microprocessore dove si possono memorizzare i dati necessari trasformati in algoritmi matematici. Questo piccolo chip può contenere una vasta quantità di informazioni, dalla scannerizzazione del volto, alla fotografia dell’iride alla semplice impronta digitale. La strada per questo cambiamento è ancora alle battute iniziali. Con molta probabilità il passaporto non si ridurrà alla misura della carta di credito o del codice fiscale, ma resterà così com’è adesso con la differenza che in una delle pagine destinate ai visti, verrà inserito e plastificato il processore.

I dati biometrici non verranno rilevati nè ai bambini presenti sul passaporto dei genitori nè ai minori che possiedono il documento per l’espatrio. Le novità sul documento sono solo uno dei punti affrontati nel corso del G5 che si è tenuto a Firenze. Accanto a questa decisione, sarebbe emersa l’esigenza di stabilire delle linee comuni per l’ingresso nell’Ue dei cittadini extracomunitari, soprattutto di quelli relativi al Medio Oriente. Si è discusso se modificare le norme relative ai visti di ingresso, introducendo, come è stato fatto di recente negli Usa, l’obbligo di rilasciare in entrata l’impronta digitale. Non tutti i Paesi extra Ue rilasciano passaporti che non possono essere falsificati. Ed è questo un altro nodo da sciogliere: perché l’effettiva validità del documento e l’identità della persona che entra nell’Ue non sempre possono essere accertate.

Per la sicurezza, l’Italia come gli altri Paesi dell’Ue si sta impegnando al massimo. Per l’effettiva modifica dei documenti sono tre i passi che devono essere fatti: ci deve essere la direttiva europea che deve essere poi recepita dall’Italia e successivente applicata con un decreto. Il costo dell’operazione è elevato. Ogni microchip con i dati biometrici potrebbe costare dai 10 ai 20 euro, e se si pensa che sono venti milioni i passaporti in circolazione, i conti sono presto fatti. Per la rilevazione delle impronte ai cittadini italiani non è necessaria alcuna legge, questa infatti è già stata prevista nel regolamento di attuazione della Bossi-Fini e dunque basta solo una circolare del ministero dell’Interno.

C’è ancora polemica, infine, sulla creazione di «zone d’accoglienza» in Africa. Il leghista Mario Borghezio ipotizza malafede da parte di alcuni Paesi Ue e nega che ci sia opposizione da parte di Paesi africani che hanno «idee molto più chiare dei falsi buonisti» che siedono in Europa. L’Italia, comunque, avverte il sottosegretario Alfredo Mantovano, continuerà con chi condivide l’idea dei centri di accoglienza, sperando di superare la contrarietà di Francia e Spagna


    

 

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