ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su IL MATTINO (Sezione: Pag. ) |
Lunedì 23 giugno 2003 |
Eugenio Mazzarella
Non basta una verifica
Ci sia o non ci sia una strategia a difesa del proprio sedere da parte di Bossi, ci permettiamo l’espressione perché è il leader leghista ad impiegarla per se stesso, è venuto il momento che il presidente Berlusconi, se vuole un semestre europeo concentrato sull’Europa e sugli interessi italiani in Europa, e non sulle fibrillazioni delle valli padane, chiarisca in sede di verifica di governo il punto d’equilibrio tra le esigenze politiche della sua maggioranza. In definitiva i cosiddetti palazzi romani, ivi comprese di fatto le opposizioni, che barricate non hanno fatto, con più o meno entusiasmo, proprio in nome di questo semestre europeo, hanno offerto con il lodo Maccanico uno scudo giudiziario al presidente del Consiglio. Sarebbe paradossale che non gli venisse dalla sua maggioranza uno scudo politico nel momento in cui, tra l’altro, come presidente di turno dell’Unione europea, potrà e dovrà gestire una politica europea sui flussi migratori nel Mediterraneo, a cui noi italiani, come ha ricordato il ministro Pisanu, siamo vitalmente interessati, e che a Salonicco ha cominciato a muovere i primi passi sul terreno non delle enunciazioni, ma della concretezza, cioè dei soldi e dei mezzi per affrontare il problema. Persino l’opposizione, per bocca del leader dei Ds Fassino, ha riconosciuto nelle dichiarazioni del ministro Pisanu nell’intervista a la Repubblica una posizione corretta e responsabile, un’assunzione di responsabilità ispirata a principi di civiltà e umanità, che sul tema dei diritti delle persone e della vita umana dovrebbe sempre fare aggio sull’opportunismo e sul cinismo politici. Così anche le dichiarazioni del sottosegretario Mantovano sulla necessità di rivedere le quote si segnalano, riconosciute come tali, per realismo ed equilibrio. Bossi vede in questo i fantasmi dell’«inciucio». Più sobriamente forse qualcuno dovrebbe cominciare a fargli vedere quello che vi vedono molti altri, al governo e all’opposizione. Un’idea di politica che non si «mangia» dialogo e civiltà, ed elementari principi comuni di umanità, che pure in presenza di problemi, e l’immigrazione ne pone, devono sempre essere tenuti presenti da chi governa, e da chi ne controlla l’operato. E perciò è giusto che di questo tema ne sia investito il Parlamento. Su come gestire l’emergenza, che durerà decenni, dell’immigrazione dal Sud del mondo - verso l’Italia e l’Europa - di esseri umani solo più sfortunati di noi, si gioca l’identità collettiva di un popolo. Un Paese che pensasse di conservarla a cannonate mostrerebbe a tutti un’identità che sarebbe meglio nascondere. Ecco, noi italiani vorremmo non essere costretti a doverci nascondere per la vergogna di ciò che dovremmo diventare: coraggiosi affondatori di morti di fame.
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