ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione:     Pag.     )
Sabato 30 Novembre 2002 2002

t.b.

La rassicurazione: «Prima della devolution vareremo la legge sulla riforma del 2001»


 

Non si placano discussioni e polemiche sulla devolution. Nemmeno dopo la lettera spedita da Gianfranco Fini a tutti i parlamentari di An per convincerli a votare una riforma che ha provocato e provoca non pochi mal di pancia in un pezzo della maggioranza di governo. Anzi, spiegazioni e chiarimento non convincono i più dubbiosi, non avranno fatto piacere a Bossi, e aprono nuovi varchi alle critiche del centrosinistra.

Nelle quattro pagine a firma autografa, il presidente di An e vicepremier spiega che il voto va dato perché «in realtà si tratta di un progetto che non innova significativamente rispetto a quanto già contenuto nell’articolo 117», che «la cosiddetta devoluzione pare persino meno innovativa della riforma ulivista del titolo quinto». Giudizi che non possono aver provocato la soddisfazione di Bossi e contemporaneamente sono considerate dal centrosinistra la prova delle difficoltà in cui si trova un pezzo della Cdl di fronte al dicktat leghista.

Fini, oltre ad affrontare e respingere i rilievi mossi sui tre punti più contestati - sanità, scuola, polizia locale - ricorda che il progetto di Bossi è stato «un buon compromesso per poter costruire l’alleanza con la Lega» e che comunque, prima che venga approvato, sarà varata la legge La Loggia per la riforma del titolo quinto. Rassicurazioni che non tranquillizzano, per esempio, Domenico Fisichella, il vicepresidente del Senato che dentro An continua a far sentire la sua voce contro una riforma che «penalizza tutta l’Italia nel suo complesso, non solo il meridione, perché si indebolisce il Paese in un momento in cui gli appuntamenti europei esigono più che mai la presenza di una nazione forte e quindi unita». Ma Fisichella fa di più. Contesta anche la riforma chiesta da An - il presidenzialismo - considerata il punto di scambio con la Lega, il passo irrinunciabile per accedere al progetto di Bossi: «Non è uno strumento in grado di riequilibrare le spinte centrifughe del sistema istituzionale. In un contesto come il nostro, aggiungere anche una legittimazione a suffragio universale del vertice dell’esecutivo significherebbe squilibrare fortemente i rapporti tra esecutivo e rappresentanza politica e quindi creare una condizione di potenziale riduzione degli spazi di libertà». Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno, si incarica invece di smontare il punto della polizia locale: «Non c’è necessità di creare nuovi corpi di polizia», semmai bisogna «coordinare meglio le forze in campo e garantire una migliore formazione degli uomini».

Il centrosinistra si infila nella crepa aperta nella maggioranza. «La devolution - dice il segretario dei Ds Piero Fassino - è una clava che Bossi usa propagandisticamente». Quel progetto non è - rincara Vannino Chiti, coordinatore della segreteria - un federalismo più spinto ma «la rottura della coesione territoriale, sociale e istituzionale del nostro paese». E con esso - aggiunge dalla Margherita Dario Franceschini - «un piccolo partito del tre per cento tiene sotto scacco tutta la maggioranza».


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