ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione:        Pag.     )
Domenica 3 luglio 2005

PIETRO PERONE

 

  

 Il leader: governo ok, sì al partito unico. Alemanno e Storace vanno allo scontro: no alla fiducia al vicepremier


 

Arriva qualche minuto prima dell’orario programmato per la sua relazione all’assemblea nazionale di An, quella della resa dei conti. Epperò Gianfranco Fini non appare affatto teso: saluta e intasca i complimenti di chi lo trova «ringiovanito». In forma per rivendicare con orgoglio le scelte compiute finora e sferrare l’attacco alle correnti interne. Dal palco dell’Ergife il vicepremier avverte: «Dividerci a undici mesi dalle elezioni sarebbe un errore», ma poi non lascia spazio all’ennesima tregua armata con i colonnelli come avvenne al congresso di Bologna perché - dice - «non voglio un’unità falsa e ipocrita», un partito «che guarda solo al suo ombelico». E alzando il tono della voce, lo sdoganatore della destra italiana sferra una vera e propria requisitoria contro la «metastasi» delle correnti, una classe dirigente che lo costringe a «moltiplicare per tre gli organismi», chiudere «gli occhi davanti a dirigenti palesemente incapaci». La soluzione di Fini è netta: governare An solo con un ufficio di presidenza, la direzione e la stessa assemblea nazionale. Ciliegia di una torna a molti indigesta, Altero Matteoli a capo dell’organizzazione e senza incompatibilità con l’incarico di ministro. L’atteso schiaffo, fortemente temuto dai colonnelli, va a segno: contestato Adolfo Urso, la Destra sociale di Gianni Alemanno e Alfredo Mantovano annuncia che il proprio documento verrà posto ai voti potendo già contare sul 30 per cento dei consensi.

Un infuriato Francesco Storace minaccia il leader: «Se alla fine mi troverò in una posizione diversa dalla tua non resterò al governo un minuto di più». Publio Fiori chiede invece le dimissioni di Fini «perché se il partito è in questo stato la colpa è sua», mentre il cattolico Gaetano Rebecchini saluta e va via da An dopo avere ascoltato il suo presidente rivendicare la scelta di votare tre sì al referendum sulla procreazione perché - spiega Fini - Alleanza nazionale parla ai cattolici ma non è un partito clericale e in ballo non c’era «la sacralità della vita», ma le contraddizioni della legge 190 sull’aborto con la 40 sulla fecondazione. Non c’è dunque alcun problema di identità e non occorre rivedersi a Fiuggi per fare nuovamente i conti con le proprie radici, necessaria piuttosto una conferenza programmatica da tenere in autunno «per rivendicare che il centrodestra nei cinque anni di governo ha salvato il Paese dal tracollo». Risposta indiretta a Marco Follini che parla di bilancio deludente e fiducia in Silvio Berlusconi con il quale Fini non teme di ritrovarsi in un partito unico, tanto da chiedere all’assemblea di varare un comitato costituente che lavori alla nascita di «un grande rassemblement del centrodestra». Passaggio quest’ultimo che piace alla Destra protagonista di Maurizio Gasparri e scava ulteriormente il solco con la Destra sociale di Gianni Alemanno e Francesco Storace. I colonnelli chiedono infatti una pausa di riflessione.

Fini storce il naso, poi acconsente. Il professor Fisichella però l’avverte: «Gianfranco, non farti illusioni...» Alemanno subito sentenzia: «Relazione deludente» e nel pomeriggio, dal podio dell’Ergife, rincara la dose sostenendo che il problema «è politico» e che adesso bisogna dire che «la legge 40 non si tocca». L’ex segretario del Fronte della gioventù avverte che per essere «una vera destra moderna e europea non c’è bisogno di dare una picconata al mese ai suoi valori». Quali siano nell’era della società multirazziale non lo dice, ma afferma che si registra «un populismo identitario anti europeo e che la Lega interpreta in maniera rozza ma che va intercettato». Ad Alemanno non piace inoltre il partito unico e chiede una «grande verifica sulla candidatura per la presidenza del Consiglio» per non lasciare «le primarie nelle mani del centrosinistra». Distanze che appaiono siderali, mentre Ignazio La Russa non smette di fare il pontiere e in serata circola un documento firmato dalle due principali componenti con cui si evita il voto, si rinnova la fiducia a Fini, ma si pongono una serie di paletti perché «le correnti non sono un tumore», avverte Gasparri. Ma in un’assemblea notturna Destra sociale decide di andare allo scontro con il leader: Alemanno e Storace voteranno contro la mozione di fiducia a Fini, in pratica si va alla conta e allo scontro aperto.


    

 

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