ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su IL MATTINO (Sezione: Pag. ) |
Lunedì 4 Luglio 2005 |
CLAUDIO SARDO
La rivincita dei colonnelli fra dubbi e paure
Roma. «Per evitare la rottura Fini è sceso dal piedistallo», racconta Gianni Alemanno. «Chiedendo scusa, Gianfranco ha dimostrato di essere un leader», spiega Francesco Storace. Tra i delegati della Destra sociale non tutti sono convinti della bontà della soluzione unitaria. Per qualcuno «bisognava passare all’opposizione anche per il bene del partito». Qualche altro teme che il compromesso venga venduto come «una vittoria di Fini». Eppure, mai come stavolta, le critiche al capo sono state così ampie. Persino il fedelissimo Domenico Menia gli ha domandato: «Perché questa valangata di fango su tutti?». Persino Ignazio La Russa si è rivolto a Fini con un: «Ti prego, dimostra di aver fiducia nel partito». Alemanno e Storace, che già avevano raccolto le firme di Mantovano e Buontempo sul documento per la «destra dei valori», non hanno voluto rinunciare a questa convergenza con settori del partito, fino a ieri monolitici accanto al leader. Anche da questa rete è nato il documento unitario di ieri. Ma, certo, la spinta maggiore è nata dalla paura. Paura di provocare una frattura insanabile prima delle elezioni. E perciò dannosa per An e per la Cdl. La lettura dei giornali, ieri mattina, è stata uno shock per tutti. La rottura veniva descritta come un terremoto che avrebbe lasciato solo macerie: altro che normale dialettica tra maggioranza e opposizione. Per questo, ieri mattina, Fini ha deciso di prendere l’iniziativa. È stato lui a convocare i capicorrente. E ha rivolto l’estremo appello all’unità: «Vi parlo da uomo a uomo...» La notte precedente il negoziato era saltato. La bozza di documento preparata da Ignazio La Russa è stata giudicata insufficiente da Alemanno (non c’era l’intangibilità della legge 40) e inaccettabile da Fini. Il presidente di An continuava a mostrarsi inflessibile, nonostante la stessa corrente di Destra protagonista mostrasse evidenti difficoltà. Poi, ieri mattina, hanno cominciato il pressing su Fini anche gli uomini a lui più vicini: Mario Landolfi e Andrea Ronchi in testa. «Bisogna fare qualunque sacrificio per ritrovare l’unità». Così la trattativa è ricominciata. Anzi, dopo il breve incontro in una sala dell’Ergife, si può dire che l’intesa era fatta. Alemanno, Landolfi, Storace, Mantovano, Gasparri, Matteoli e La Russa sono stati incaricati di redigere (e firmare) il testo, dopo un accordo con Fini sui punti essenziali. E dopo l’impegno di Fini a chiarire, in sede di replica, che i colonneli non solo le metastasi, ma il meglio della classe dirigente di An. Il vicepremier ha potuto leggere l’ordine del giorno per intero solo al termine della replica, quando era stato già distribuito alla stampa. Della mediazione più delicata sul testo con la Destra sociale si è occupato il neoministro Mario Landolfi. Poi, quando ormai tutto sembrava concluso, c’è stato un ultimo imprevisto: Fini ha chiesto una correzione in extremis. La votazione è stata rimandata di un quarto d’ora. E il no a modifiche della legge 40 è stato limitato alla fine della sperimentazione. Ora Altero Matteoli guiderà l’organizzazione, come deciso da Fini. Alemanno non tornerà a fare il vicepresidente e, dunque, l’intero vertice sarà disegnato. Ma Fini dovrà stare attento: non potrà più umiliare i capicorrente.
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