ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO
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Lunedì 13 Ottobre 2003

di CORRADO GIUSTINIANI

IL PROGETTO

An accelera anche il voto alle politiche

Mantica: è possibile dare la cittadinanza in modo più veloce senza ritoccare la Costituzione


ROMA - La minestra che bolle nel pentolone di An può essere ancora più succulenta di quanto annunciato fino ad oggi. Altro che elezioni comunali aperte agli immigrati: il gruppo di lavoro impegnato sul il disegno di legge che deve essere pronto per venerdì, sta valutando l’ipotesi di accorciare i tempi pure per il voto politico. Anche se ieri sera, in una dichiarazione all’Ansa, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano ha parlato solo di legge costituzionale per concedere il voto amministrativo dopo sei anni di residenza. Sempre che si possegga la carta di soggiorno, il permesso permanente che si può ottenere appunto dopo dopo sei anni di lavoro regolare: gli aventi diritto, ha aggiunto, sarebbero circa 150 mila.

Ma c’è un modo per prendere due piccioni con una fava. «E’ molto semplice: basta intervenire sulla legge di cittadinanza del 1992 - spiega Alfredo Mantica, sottosegretario agli Esteri, anche lui nel ristretto gruppo di lavoro di An che sta preparando la riforma - Oggi ci vogliono dieci anni prima di fare domanda e altri 2-3 di tempi burocratici, per poter diventare cittadino italiano. Se noi riduciamo gli anni a otto, o a sette, come propone qualcuno, tagliando al massimo i tempi burocratici, ecco che in pochi anni avremo cittadini che votano alle comunali, alle regionali, alle europee e alle politiche».

I piccioni con una fava, in realtà, non sarebbero due ma tre. Perché limitandosi a cambiare la legge 91 del 1992, si eviterebbe di presentare un disegno di legge di modifica della Costituzione, che comporterebbe lunghi mesi di discussione, se non addirittura anni. In questo caso, infatti, la procedura prevede una doppia lettura alla Camera e al Senato. E fra una lettura e l’altra debbono passare sei mesi. Se in un punto qualsiasi dell’iter si decide di cambiare una aprola, ecco che la procedura riparte e si debbono perdere altri sei mesi.

Ma Fini è d’accordo sulla ”cittadinanza più veloce”? «Il presidente - spiega Mantica - punta sul diritto di voto amministrativo, ma lo vorrebbe concesso dopo pochissimi anni, due-tre, sulla base del permesso di soggiorno, non sei o otto come si è detto. La soluzione più logica rimane l’intervento sulla legge di cittadinanza». Che non è incoerente con la Bossi-Fini, «perchè questa legge punisce l’illegale, non chi viene da noi con un contratto e per lavorare. A che titolo non favorire la sua integrazione civile, oltreché economica?».

Certo è che se alla fine An desse via libera a questa soluzione, caldeggiata apertamente ieri dal ministro Maurizio Gasparri, la sorpresa sarebbe ancora maggiore. Non va dimenticato, infatti, che la legge 91 del ’92, che ha raddoppiato gli anni di attesa per la cittadinanza previsti da un provvedimento del 1912, e stata votata all’unanimità da Destra e Sinistra. Livia Turco, Violante e altri, ha presentato il primo agosto una proposta di legge che riduce gli anni di attesa da 10 a sette, e risolve il problema dei bimbi stranieri nati in terra italiana, che oggi, grazie alla 91, italiani non sono fino a 18 anni. Il termine di 8 anni, su cui An sembra puntare, è lo stesso in vigore in Germania. In Francia e Inghilterra siamo invece a cinque.

Ma la base di An come reagirebbe a questa proposta? «Un problema c’è - risponde Mantica - Ma soprattutto perché la nostra base distingue tra immigrato e immigrato islamico, al quale chiede una reciprocità di diritti ne paesi d’origine». Paura del voto degli immigrati, invece, An non ne ha: ben metà dei regolarizzati proviene dalle ex dittature comuniste, oggi avrebbero dunque simpatia per la destra. E poi aver concesso loro più agevole pienezza di diritti politici, sarebbe un forte fattore di propaganda.

Mantovano, invece, ha dato per certa la proposta di legge costituzionale esclusivamente sul voto comunale. La carta di soggiorno, il documento di pre-cittadinanza che servirebbe per accedere alle urne può essere richiesto dopo 6 anni di residenza e di lavoro regolare, e ne sarebbero titolari, a tutt’oggi, 150 mila immigrati. Il dato fornito dal sottosegretario è assai soprendente: si pensava infatti che fossero non più di 20-30 mila stranieri con la carta in mano. E Mantovano ha aggiunto che i numeri cresceranno ancora «perché, trattandosi di disegno di legge costituzionale, i tempi non saranno brevi».

Tradotto in termini pratici: in nessun modo la legge potrà essere pronta per le elezioni comunali del 2004. Il diritto di voto amministrativo per gli immigrati slitterebbe dunque alla tornata elettorale del 2009. Se si volesse fare più in fretta, basterebbe una legge ordinaria. Secondo molti giuristi non vi sarebbero ostacoli costituzionali


    

 

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