ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Martedì 14 Ottobre 2003 |
C.G. LA PROPOSTA DI AN Liberi di votare, ma non di essere votati
ROMA - Accorciare di due anni, da 10 a 8, il cammino per gli immigrati che vogliano diventare cittadini italiani? Seguire il cammino indicato da Maurizio Gasparri e Alfredo Mantica, cambiando la legge sulla cittadinanza del 1992? «L’ipotesi c’è - ammette Giampaolo Landi di Chiavenna, responsabile Immigrazione di An - ma è minoritaria. E’ interessante, perché risolve il problema del voto amministrativo a monte, velocizzando anche la concessione, a certe condizioni, di quello politico. Dobbiamo tener conto, però, che aprirebbe uno scenario politico incerto, provocando nuove forti fibrillazioni nella maggioranza». La via maestra che Alleanza Nazionale vuole battere resta quella della legge costituzionale per ammettere gli immigrati, dopo almeno sei anni, e a patto che non abbiano pendenze penali nè fiscali. L’onorevole Landi aggiunge un altro particolare: «Prevediamo di concedere il solo diritto attivo di voto e non quello passivo: non potranno insomma essere scelti come consiglieri comunali». Ma su tutta la materia, precisa, i giochi non sono ancora fatti. Negli ultimi giorni hanno lavorato tecnici e giuristi, oggi i ”sette saggi” di An (Landi, Mantovano, La Russa, Anedda, Nania, Mantica e Landolfi) tornano a riunirsi, per consegnare a Fini il progetto entro venerdì. Ma perché una legge costituzionale, che richiede un doppio passaggio da Camera e Senato, con l’obbligo che trascorrano sei mesi tra l’uno e l’altro? Perché non ricorrere a un disegno di legge ordinario, che potrebbe entrare in vigore per le comunali del 2004? «La questione è assai delicata - risponde - vi sono insigni giuristi che ritengono assolutamente necessario modificare l’articolo 48 della Costituzione. E inoltre, mutando la Carta, l’intervento sarà più chiaro e incisivo». Ma, aggiunge, verrà proposto anche un disegno di legge ordinario, che preciserà le singole modalità di concessione del voto. La verità è che i cittadini di altri paesi dell’Unione europea che vivono in Italia possono già votare alle elezioni comunali, grazie al decreto legislativo 12 aprile 1996 n.197, che attua una legge comunitaria, la n.52 del 6 febbraio 1996, la quale recepiva una precedente direttiva dell’Unione. Lo straniero che voglia votare, prevede il decreto legislativo, deve iscriversi in una lista elettorale aggiunta allestita dal comune, il quale farà i suoi accertamenti all’estero su quanto documenta il cittadino. Non è richiesto un vincolo di residenza minima e il diritto di voto non è soltanto attivo, ma anche passivo: si può insomma essere scelti come consigliere comunale. Se per varare questo decreto non è stato necessario modificare l’articolo 48 della Costituzione, il quale prescrive che a votare siano solo i cittadini italiani, non si dovrà cambiarlo neanche in questa occasione, visto che la Costituzione non poteva prevedere l’Unione europea, nè distinguere fra diverse categorie di stranieri. Anche di questo dovranno discutere oggi i saggi di An.
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