ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: ) |
Venerdì 21 Novembre 2003 |
di CORRADO GIUSTINIANI
«Lavoro illegale, tolleranza zero»
CERNOBBIO - Sulle rive del Lago di Como, Roberto Maroni inneggia a un’Europa «più sicura e più accogliente» e celebra «la più grande regolarizzazione mai realizzata nel continente». A Villa Erba, il governo italiano ha chiamato i rappresentanti dei 15 paesi dell’Unione europea, più i dieci che entreranno nel 2004 e altri ancora, dalla Turchia alla Russia, per discutere in un seminario su come integrare gli immigrati. La sanatoria della Bossi-Fini, che chiuderà i battenti a fine dicembre con un bottino di almeno 600 mila immigrati messi in regola, su 704 mila domande, ha eliminato «sacche di illegalità e di sfruttamento», creando dunque le premesse per una maggiore integrazione. Ma la piaga del sommerso, ai danni di immigrati o, ancora più spesso, di italiani, è tutt’altro che debellata. Tanto che il ministro del Welfare ha perso la pazienza: «Abbiamo approvato tre successivi provvedimenti, ma le maniere buone non hanno funzionato. Adesso - annuncia - scatterà la ”tolleranza zero”. Entro Natale porterò al Consiglio dei ministri la proposta di un commissario straordinario che abbia pieni poteri per combattere il lavoro nero». Non c’è Gianfranco Fini, e il governo glissa sulla proposta lanciata dal vicepresiedente del Consiglio di far votare alle amministrative gli immigrati che siano in Italia da almeno sei anni. Non ne parla nemmeno il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, compagno di partito di Fini, che preferisce anche lui elogiare questa regolarizzazione che non ha prodotto file, e che consente di conoscere gli immigrati «uno per uno, oggi con strumenti foto-segnaletici, domani, non appena sarà possibile, biometrici». Ci vogliono «corsi di lingua italiana o inglese, preferibili a quelli di lingua araba» ha detto ancora Mantovano, che ha parlato poi di fondamentalismo e sicurezza (vedi altro articolo). Quanto a Maroni, incalzato dai giornalisti sul voto agli immigrati, se l’è cavata con un «occorre applicare la Costituzione, che prevede la pienezza dei diritti politici solo per il cittadino». Ma il voto comunale non è pienezza di diritti e in ogni caso Fini ha proposto proprio di modificare la Costituzione. Un altro dubbio non è stato ancora sciolto: il governo italiano ammetterà per lavoro già nel 2004 i cittadini polacchi, sloveni, slovacchi e degli altri paesi che si uniranno all’Europa, o fruirà della proroga di alcuni anni decisa ad Atene su richiesta di Germania e Austria? Il ministro del Welfare, che è favorevole a un immediato ”disco verde”, ha fatto capire ieri che l’Italia deciderà solo all’ultimo momento: «C’è tempo sino al primo maggio 2004» ha infatti risposto. L’Inghilterra si è già pronunciata per un via libera da subito, come Irlanda, Svezia, Finlandia e Paesi Bassi. Numerosissimi gli interventi. Odile Quintin, direttore generale per l’impiego della Commissione Europea, ha detto che l’Europa «oggi sembra incapace di integrare» e vive «una recrudescenza di xenofobia e di razzismo: bisogna reagire e inventare nuovi dispositivi». Il direttore generale all’Immigrazione Maurizio Silveri ha illustrato ai partner il «contratto di soggiorno» della Bossi-Fini. Raffaele Zanon, assessore veneto all’Immigrazione, ha documentato il ruolo di locomotiva assunto dalla sua Regione, con corsi di formazione e di lingua, e con la ricerca di alloggi per i nuovi arrivati.
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