La nuova legge sarà pronta
entro l’anno. Il leader di An Fini conferma: “tolleranza zero” per chi usa
droghe leggere o pesanti
ROMA - Linea dura sì, ma
«niente manette, logica poliziesca o retate». Il giorno dopo l’annuncio
del giro di vite sulla droga Gianfranco Fini ribadisce che sarà
«tolleranza zero», augurandosi che prevalga «l’onestà intellettuale» in
chi solleva la polemica. La proposta Fini è totalmente condivisa dal
ministro della Giustizia Roberto Castelli: «Sì, ci vuole il pugno duro per
contrastare il traffico di stupefacenti. In Europa c’è molta ipocrisia.
Non si capisce come si possa lottare contro il fenomeno, ammettendo il
consumo personale di droga».
Però la legge annunciata da Fini non avrà
vita facile. Gli anti-proibizionisti e la sinistra insorgono. I radicali
parlano di «linea talebana», verdi e diessini definiscono il provvedimento
«oscurantista». Divisioni nei partiti di Governo. E posizioni
antiproibizioniste anche tra alcuni ministri in carica: Stefania
Prestigiacomo (Pari opportunità) e Antonio Martino (Difesa).
La legge
annunciata da Fini considera reato anche il solo uso di sostanze
stupefacenti e annulla ogni distinzione tra droghe leggere e droghe
pesanti. Anche lo spinello, dunque, sarà reato. «Ma per lo spinello non ci
sarà certo il carcere - spiega il sottosegretario all’Interno Alfredo
Mantovano - Si prevede una sanzione amministrativa». Dunque, non tutto
sarà reato penale.
Come accade da trent’anni a questa parte il
dibattito lacera l’Italia. E’ scontro tra proibizionisti e
anti-proibizionisti. Si levano critiche anche da esponenti della Casa
delle Libertà. Il vice presidente della Camera Biondi è convinto che
«proibizionismo e inasprimento delle pene non serviranno ad eliminare le
cause». Toni pesanti anche da Tiziana Maiolo di Forza Italia: «Decisione
sbagliata ed emotiva». Per il Governo la cannabis fa danni quasi quanto
l’eroina: «E’ falso pensare che ci siano droghe buone e droghe cattive, la
droga è droga e come tale va combattuta. Non ci può essere libertà di
farsi del male», sostengono Fini e Mantovano. Analoghe affermazioni dal
ministro per la Salute Girolamo Sirchia.
Ma i divieti «senza
distinzioni» scatenano le critiche di chi non accetta che «hashish e
marijuana vengano messi sullo stesso piano di ecstasy ed eroina». «Fare di
tutta l’erba un fascio è solo una scorciatoia - dice don Ciotti, il
fondatore del gruppo Abele, da vent’anni in prima linea per il recupero
dei tossicodipendenti - E’ un modo per fare la voce grossa, per dare
l'impressione che tutto sia in ordine, senza affrontare il problema».
Analoga la posizione di don Vinicio Albanesi, fondatore di Capodarco,
duecento sigle e 2.000 strutture, che dice: «La repressione è una cosa
vecchia, non basta. Anche perché il fenomeno è cambiato. Quei “tossici”
cui fa riferimento la legge non esistono più. Nelle Comunità ci sono solo
i trenta-quarantenni con una lunga dipendenza da eroina. I giovani si
”fanno” in un altro modo e non li fermerà la paura del carcere o delle
multe. La droga è talmente degenerante da far saltare ogni comportamento
sociale, compreso la vergogna delle sbarre. La verità è che i nuovi
drogati prendono di tutto, mix di pasticche, alcol, fumo: non si sentono
drogati e non arrivano neppure nelle Comunità». E don Gallo della Comunità
del Porto di Genova commenta: «La proposta di Fini è una bestemmia».
Reagisce An, schierata con il suo leader: «Non c’è alcuna repressione fine
a se stessa - sostiene Andrea Ronchi, parlamentare di Alleanza nazionale -
Occorre un cambio culturale. Ci battiamo per la difesa della vita e della
dignità umana. E per questo faremo una nuova legge».
Intanto, monta la
polemica. Con il referendum radicale del 1.993, che modificò la legge
Iervolino-Vassalli, fu cancellata la «dose minima giornaliera». Il consumo
non era più punibile. Il Centro destra, invece, vuole reintrodurre la
punibilità del consumo. «Graduando le pene - spiega Mantovano - Sarà la
dose massima sostenibile a far scattare le sanzioni amministrative oppure
quelle penali».