ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: PRIMO PIANO Pag. ) |
Mercoledì 20 novembre 2002 |
di MASSIMO MARTINELLI Discussione difficile sulle riforme: spiragli sulla giustizia civile, ma è scontro su separazione delle carriere e immunità
Indulto e processi, corsa a ostacoli per i Poli
ROMA - La riforma «possibile» diventa quella della Giustizia. Soprattutto adesso che alcune toghe hanno detto che Andreotti è responsabile di un omicidio e che i No global di Firenze preparavano quasi un colpo di Stato. Riforma «possibile», dunque. Ma non «probabile»: perché se è vero che esistono storture e disfunzioni che gridano vendetta in tutti i tribunali d’Italia, è altrettanto chiaro che molti punti del programma della Casa delle Libertà non saranno mai digeriti dall’opposizione. Vediamo le une e gli altri.
La separazione delle carriere. E’ terreno di scontro cruento. La maggioranza è pronta a varare una legge che prevede carriere separate tra pm e magistrati giudicanti, con la possibilità del passaggio da un ruolo all’altro superando un esame attitudinale. L’opposizione è pronta alle barricate: secondo gli esponenti delle sinistre sarebbe il primo passo per sottoporre l’azione penale al controllo politico. «Eppure - dice il sottosegretario alla Giustizia, Jole Santelli - per trovare un accordo anche su questo, sarebbe sufficiente che l’opposizione abbandonasse l’idea di considerare i temi della giustizia come un campo di battaglia politica».
Il ruolo del Pubblico ministero. La proposta è nuova per la platea politica, ma nota ai giuristi. Ad avanzarla è Luigi Mazzella, neoministro della Funzione Pubblica e già Avvocato Generale dello Stato: l’idea è quella di trasferire l’esercizio dell’azione penale dalla magistratura all’Avvocatura dello Stato. «Non c'è alcun bisogno di trovare una nuova casa al pubblico ministero, la casa già c'è. Potrebbe essere l'Avvocatura dello Stato» ha detto ieri Mazzella, che sull’argomento ha scritto anche alcuni libri. Mantovano ha aggiunto: «Intanto bisognerebbe limitare il potere discrezionale nell’esercizio dell’azione panela che di fatto hanno i pm».
L’indulto e l’amnistia. E’ il tema più trasversale che ci sia. Tutte le forze politiche, con più o meno determinazione e con motivazioni diverse, sono favorevoli ad un segno di clemenza (come ha auspicato anche il Papa) che allo stesso tempo risolva temporaneamente anche il problema del sovraffollamento delle carceri. Favorevole Berlusconi e le sinistre; i più freddi restano gli esponenti di An: Mantovano, sottosegretario all’Interno, ha detto che piuttosto sarebbe meglio costruire altre carceri. In ogni caso non c’è ancora un accordo sulle modalità per approvare un provvedimento del genere.
La giustizia civile. E’ uno dei settori più malati del "pianeta giustizia". Ad auspicare una riforma organica del settore sono praticamente tutte le forze politiche: finora non c’è stata battaglia in Parlamento e non se ne prevede in futuro.
Le leggi "ad personam". Una su tutte: la Cirami. Che reitroduce la possibilità di chiedere lo spostamento del processo per il "legittimo sospetto" di parzialità di un tribunale. Per la sinistra, convinta che il Polo la abbia varata solo per favorire i processi di Milano, è lo scoglio insormontabile che impedisce di avviare un sereno dialogo sulle riforme.
L’immunità parlamentare. Il tema è tornato alla ribalta dopo la sentenza Andreotti, ma potrebbe interessare anche altri politici coinvolti in processi diversi. Per la verità, il dibattito su questo argomento è tutto all’interno alla Casa delle Libertà. Forza Italia spinge con Nitto Palma, che ieri ha presentato una nuova proposta di modifica dell’attuale normativa (un’altra l’aveva formata la scorsa estate). An frena con La Russa, il quale dice che loro no sono obbligati a seguire Nitto Palma. E il Ccd-Cdu temporeggia, annunciando che presenterà una sua proposta alternativa per reintrodurre alcune garanzie in più per i parlamentari oggetto di indagini penali.
Diminuzione dei gradi di giudizio. Anche questo è un tema più volte discusso in passato. Ieri lo ha rilanciato il ministro per i rapporti con il Parlamento, Giovanardi sulla scia emozionale della condanna di Andreotti: «Il giudizio di appello ha scarsamente senso - dice il ministro - quando un imputato viene assolto in primo grado e allora si potrebbe passare direttamente in Cassazione. In questo modo si ridurrebbero le garanzie ma forse si eviterebbero le sentenze contraddittorie sulle stesse carte e indizi processuali».
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