ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Giovedì 14 novembre 2002 |
dal nostro inviato ANTONIO DE FLORIO Pattuglie miste contro i clandestini
LECCE - L’assedio al castello non c’è stato. Solo tre cachi e un paio d’uova sono stati lanciati da un pugno di anarchici in coda al corteo no-global, contro i poliziotti che presidiavano l’ingresso del "Carlo V". I nove ministri degli Interni dell’area ionica-adriatica hanno tranquillamente concluso i loro lavori con un "piano di allerta e azione" comune per contrastare i trafficanti di uomini «in mare e in terra».
Genova con le devastazioni per strada e gli assalti alla «zona rossa» è sempre più lontana. Firenze diventa invece il nuovo modello - ieri citatissima negli slogan dei cinquemila (secondo gli organizzatori; tremila per la questura) new global - dove la contestazione contro i governi, per quanto durissima, non va al di là dell’invettiva e della provocazione.
Vertice «dei ministri di polizia» e controvertice del Social forum di Lecce ieri si sono dunque sfiorati: una delegazione del movimento con don Vitaliano della Sala e Francesco Caruso dei "Disobbedienti" napoletani voleva accedere al castello per leggere una lettera ai ministri con cui si contesta «la politica criminale dell’affondamento delle carrette dei disperati e dei campi per i clandestini»; la delegazione, però, non è passata. La missiva, sì, attraverso le mani del prefetto.
In apertura del corteo la scritta «In questa terra nessuno è straniero» ha rilanciato la contestazione alla nuova legge sull’immigrazione. Inevitabili bersagli degli slogan Bossi, Fini e Berlusconi: «Siamo tutti clandestini contro la legge Bossi-Fini»; e ancora: «Facciamo uno scambio a pari condizioni, dateci Bin Laden e noi vi portiamo Berlusconi».
Cori di "Bella ciao" e percussioni di un gruppo di giovani senegalesi "non regolarizzati" hanno accompagnato il corteo fino a pochi metri dal castello Carlo V, dove gli anarchici, poco prima delle 12 hanno lanciato le uova e i cachi.
All’interno della costruzione cinquecentesca è prevalsa la politica dei piccoli passi. Il documento finale sulle misure comuni contro gli sbarchi dei clandestini è stato firmato da sette Paesi su nove. Ha siglato il ministro italiano, albanese, bosniaco, croato, della Federazione jugoslava, greco e sloveno, mentre quello bulgaro e quello macedone si sono astenuti «per motivi formali».
Due ministri dell’Interno invitati, i cui paesi (Turchia e Cipro) sono decisivi nel presidio sul Mediterraneo nelle rotte delle navi-carrette, hanno disertato. Alla domanda sulle ragioni del forfeit del rappresentante turco, il nostro ministro Beppe Pisanu ha risposto: «Non è presente, perché assente. Ha ritenuto di non partecipare». Il suo vice, Alfredo Mantovano, è stato meno ermetico: «In Turchia ci sono state le elezioni e sono cambiati gli equilibri politici. Finora con Ankara abbiamo avuto una buona collaborazione».
Ma cosa prevede il piano firmato a Lecce? Accordi di riammissione, pattuglie miste e scambio di personale di frontiera.
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