ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Lunedì 19 Luglio 2004 |
di CORRADO GIUSTINIANI La polizia blocca le espulsioni
ROMA - Navigando a vista, le Questure disseminate nelle varie città d’Italia si stanno adeguando alla doppia sentenza della Corte costituzionale. Niente più arresti di stranieri che non hanno obbedito all’ordine di abbandonare entro cinque giorni il nostro paese, niente più espulsioni coattive con convalida del magistrato chiesta soltanto ”a babbo morto”, cioè quando l’immigrato è gia fuori del territorio nazionale, senza aver potuto far valere le sue ragioni. Oggi, una direttiva del ministero dell’Interno dovrebbe dare conforto alle forze di polizia, codificando queste linee di intervento. Inevitabile che in questo limbo vangano resuscitate alcune norme dalla legge Turco-Napolitano del 1998, che la Corte non aveva dichiarato illegittime: per abbandonare il territorio nazionale lo straniero avrà non più 5 ma 15 giorni di tempo, e se verrà trovato ancora in Italia trascorso quel periodo, andrà incontro a una sanzione fino a 6 mesi di carcere, ma senza arresto immediato. C’è poi il caso dei centri di permanenza temporanea: alcuni stranieri particolarmente recidivi ai procedimenti d’espulsione continuano ad esservi condotti, così come accade a coloro le cui generalità sia stato impossibile controllare. Ma a parte il fatto che i centri, 14 da Nord a Sud dell’Italia, sono ormai quasi tutti al limite della capienza (solo nel 2003 sono transitati attraverso di essi poco meno di 17 mila persone, secondo Medici senza frontiere), continua a trovare adepti la teoria radicale che la stessa struttura dei Cpt, in quanto funzionale alle espulsioni, dovrebbe essere stata fatta saltare indirettamente dalla Corte. Le forze di polizia debbono rispettare le sentenze della Corte da quando se ne è avuta notizia (non conta che esse appariranno solo mercoledì sulla Gazzetta Ufficiale): le stesse hanno infatti addirittura effetti retroattivi. Eseguendo arresti in flagranza non ricorrendone le condizioni, o ordinando espulsioni con convalida posticcia, i poliziotti commetterebbero abusi e andrebbero incontro a sanzioni penali. La direttiva del ministero dell’Interno avrà valore per almeno quindici giorni, di qui al 6 agosto, data che sembra quella prescelta dal Consiglio dei ministri per varare il decreto legge con le norme sostitutive. Intanto, sul decreto che Pisanu vorrebbe presentare continua ad essere alta la polemica. Un provvedimento d’urgenza, non gradito al ministro dell’Interno, era già pronto all’inizio di gennaio, quando già veniva data per certa la pronuncia di incostituzionalità della Bossi-Fini. A rivelarlo è stato ieri Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie nazionali della Lega. «Avremmo superato il problema, senza doverlo affrontare in fretta e furia alla vigilia d’agosto» ha affermato il parlamentare ai microfoni di Radio Padania, precisando che il decreto era stato preparato dagli stessi Bossi e Fini, assieme ad Alfredo Mantovano e a lui Calderoli. Ma cosa mai conteneva? Calderoli risponde con una metafora. «La Bossi-Fini è una taglia 44, noi volevamo ridurre ancora le sue maglie, e farla diventare una 42. Pisanu vuole invece una 60”. Punto di forza di questo provvedimento era l’aggravamento delle pene, da 1 a 4 anni per chi, espulso, non avesse abbandonato il paese. Calderoli sostiene pure che la Consulta ha sbagliato a riferirsi all’articolo 13 (cittadini italiani) mentre avrebbe dovuto parlare del 10 (stranieri, gestiti da leggi ordinarie) ignorando però, che per sottoscrizione di convenzioni internazionali, i diritti della difesa sono estesi a tutti.
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