ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Giovedì 24 ottobre 2002 |
di CORRADO GIUSTINIANI Extracomunitario un nuovo assunto su cinque
ROMA - Non c’è alcun assedio. Gli immigrati sono appena il 3 per cento della nostra popolazione: il 2,8 a voler fare i pignoli. Uno ogni 38 residenti. Diamoci una calmata. Anzi, da un anno all’altro, gli stranieri regolari si sono persino contratti di qualche decina di migliaia, e ora sfiorano il milione e 600 mila, compresi i bimbi inseriti nel permesso di soggiorno dei genitori. Quanto agli irregolari e ai clandestini, sono una cifra cinque volte più bassa. Sul palco del teatro romano Orione, dove va in scena la presentazione del Dossier statistico 2002 della Caritas, il ricordo dell’emigrazione italiana, quei 27 milioni di connazionali che in un secolo, dal 1876 al 1976, hanno lasciato il nostro paese, viene evocato più volte. Come quello di un bellissimo libro uscito proprio in questi giorni, L’orda, di Gian Antonio Stella, ovvero il racconto di "quando gli albanesi eravamo noi" e subivamo ogni sorta di umiliazione. E’ ancora poco, quel 3 per cento, rispetto al 9 per cento degli stranieri in Germania, al 16 in Canada, al 20 degli immigrati in Svizzera. Ma intanto, piano piano, quella presenza si consolida, se è vero che all’inizio del 2001 il 10 per cento degli immigrati viveva in Italia da più di 15 anni, il 26 da più di dieci e ben il 54 per cento da più di cinque anni. Cresce la quota delle donne immigrate, giunta al 46 per cento rispetto agli uomini, quattro punti in più di dieci anni prima, e in Italia centrale tocca il 50 per cento esatto. Mentre la popolazione straniera complessiva raddoppia ogni dieci anni, i bambini raddoppiano ogni cinque. E poi, quello striminzito 3 per cento è già oro, per la nostra economia. Tanto che un’assunzione su dieci effettuate nel 2001 è di uno straniero mentre si passa a una su cinque se invece delle "reali" consideriamo quelle previste dalle imprese nell’immediato futuro. Ancora: gli immigrati sono ormai la metà dei lavoratori domestici e la metà anche di quelli stagionali. Franco Pittau, il curatore del Dossier, finisce di esporre queste cifre e cede la parola a monsignor Benito Cecchi, presidente della Caritas Italia, che lancia con franchezza il suo messaggio, rivolto alla legge Bossi-Fini. Essa considera l’immigrato come «una merce lavoro da consumare nel ciclo produttivo finché serve, cioè finché rende in termini economici». La critica è rivolta in particolare all’istituto del contratto di soggiorno, per il quale si entra in Italia soltanto con un lavoro già in tasca e si deve lasciare il paese se si resta disoccupati per sei mesi. L’immigrato diventa dunque «una figura provvisoria» e l’integrazione è impossibile. Vengono in mente a monsignor Cecchi non solo i "lavoratori ospiti" (Gastarbeiter) tedeschi, ma le norme fasciste che imponevano «il foglio di via con ritorno» a un cittadino che partisse da Cosenza per Torino, senza riuscire a trovare lavoro in quella città. Scrosciano gli applausi. Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno con delega all’immigrazione, è lì che ascolta, e la sua risposta la pubblichiamo a parte. Non è in sala, invece, Carlo Giovanardi, ministro dei Rapporti col Parlamento che si sente punto sul vivo, in quanto cattolico dell’Udc. E così affida alle agenzie una replica, che contiene una notizia addirittura clamorosa. Inizia esprimendo «qualche sorpresa» rispetto alle critiche del presidente della Caritas a cui vuole rispondere con i fatti. E i fatti sono che dall’11 settembre ad oggi «sono state presentate, con relativi versamenti, circa 450 mila domande di regolarizzazione di rapporti di lavoro». Come si ricorderà, la legalizzazione di colf, assistenti a domicilio e immigrati delle imprese era iniziata in modo assai fiacco, e aveva destato sorpresa il ministro del lavoro Maroni quando dieci giorni fa aveva annunciato che i kit spediti alle poste erano già 350 mila. I dati di Giovanardi confermano quelli di Maroni e collimano con gli stessi forniti ieri dalla Caritas milanese: le domande, nel solo capoluogo lombardo, sono 54 mila «pari al 12 per cento di tutte quelle presentate in Italia». Vero è che molte richieste si riferiranno a colf e badanti part time, e quindi riguarderanno lo stesso lavoratore, che è sanabile solo se raggiunge un reddito di 439 euro euro. Ma di questo passo, fino all’11 novembre, ultimo giorno utile, le domande potrebbero salire attorno a quota 600 mila. La Caritas nazionale non commenta questi dati e consiglia cautela.
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