ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Venerdì 24 Dicembre 2004 |
di WALTER CARBONE Il delitto della quindicenne di Manfredonia/Giovanni Potenza, 27 anni, sposato con due figli, confessa. L’ultimo rapporto in auto, poi il brutale omicidio
«Ho ucciso Giusi, voleva dire tutto a mia moglie»
FOGGIA - «Ti devo lasciare, c’è mio cugino che m’aspetta...». Sembrava una frase innocua, pronunciata per allontanare le avances di un corteggiatore. Invece alla lunga ha messo gli investigatori sulle tracce dell’assassino di Giusi Potenza. La quindicenne di Manfredonia, brutalmente massacrata a colpi di pietra il pomeriggio del 12 novembre scorso, è stata uccisa dal cugino di suo padre Carlo. Ha ventisette anni, si chiama Giovanni Potenza, moglie e due figli (di otto e due anni) e fino all’altro giorno ha continuato a fare il pescatore, “collega” del papà di Giusi col quale in tutti questi quarantuno giorni ha incrociato gli sguardi e condiviso il dolore. Alto, capelli scuri, corpulento, Potenza non ha tradito la minima emozione secondo quanto hanno riferito gli investigatori. Quella frase del «cugino», riferita nel corso di uno dei tanti interrogatori da uno spasimante della quindicenne che l’aveva incontrata per ultimo, era stata trascurata in tutti questi giorni salvo assumere un senso quando tutte le altre piste ipotizzate (il folle, il branco) avevano ormai perso consistenza. Giovanni Potenza è stato fermato ieri dalla polizia a Termoli, dov’era attraccato col suo peschereccio. Una volante lo ha portato al commissariato di Manfredonia dov’è stato interrogato per la prima volta, ma per gli inquirenti è stato come ripetere un rituale compiuto troppe volte in queste ultime settimane. Solo che a differenza di tutti gli altri “indiziati” ascoltati finora (alcuni anche cinque, sei volte), Giovanni Potenza è crollato subito, come sfinito da una confessione troppo ingombrante da custodire. Con Giusi aveva una storia che andava avanti da un paio di mesi, ma che lui intendeva troncare. La quindicenne non voleva e minacciava di raccontare la tresca alla moglie, lo avrebbe ricattato così fino all’ultimo istante di quel rapporto tumultuoso. La sera del 12 novembre, quando Giusi scende per acquistare i cd come richiesto dalla madre, i due avevano un appuntamento vicino al negozio concordato nella mattinata. Di quell’incontro che sembrava del tutto casuale (non c’erano state telefonate e dunque i tabulati telefonici non potevano dimostrarlo), gli inquirenti sono venuti a conoscenza solo dopo la confessione dell’uomo. Potenza ha poi anche riferito di aver condotto Giusi nella zona di campagna a due passi dal mare, vicino all’ex petrolchimico Enichem, di essersi appartato con lei, di aver avuto un rapporto consensuale prima di chiederle per l’ultima volta di lasciarlo in pace. A quel punto la ragazzina avrebbe protestato, e qui il racconto del giovane si fa confuso: Giusi sarebbe scappata dall’auto, lui l’avrebbe rincorsa, tirata su dalla scogliera dov’era caduta, a quel punto si sarebbe scatenata la furia omicida. «L’ho uccisa con un masso», la frase riferita dagli investigatori. Lui stesso il giorno successivo avrebbe poi avvisato con una telefonata anonima le forze dell’ordine, del luogo dove avrebbero ritrovato il corpo di Giusi. Un racconto che non convince i familiari della ragazza. L’avvocato Innocenza Starace, portavoce della famiglia di Carlo Potenza, dice che della relazione «non esiste alcun riscontro probatorio». Il legale ha peraltro ricordato che lo stesso pm titolare dell’inchiesta, Vincenzo Bafundi, ha sottolineato «che non esistono telefonate, non vi è stato mai nessun tipo di testimone» che possa dimostrare la relazione tra la quindicenne e il procugino. La madre della ragazza, sempre tramite l’avvocato, fa notare che la frase del «cugino che l’aspettava fuori», risultata poi determinante ai fini delle indagini, era stata usata altre volte dalla ragazza per allontanare persone indesiderate. Negli ambienti investigativi c’è soddisfazione per l’esito positivo della vicenda. Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ha espresso al questore di Foggia, Stefano Cecere, e alla polizia le «più vive felicitazioni» per l’arresto del presunto omicida di Giusi Potenza. «La cattura del presunto responsabile dell’efferato delitto - rileva in una nota il sottosegretario - conferma la professionalità, l’impegno e la dedizione dei funzionari e degli agenti della Polizia di Stato, che lavorando con riservatezza e senza sosta hanno consentito anche di rasserenare gli animi della comunità di Manfredonia, così scossa dall’omicidio di un’adolescente».
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