ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Venerdì 27 Agosto 2004 |
dal nostro inviato MARIO STANGANELLI
RIMINI - La possibilità di un attentato simile a quello dell’11 marzo scorso a Madrid in Italia «esiste, ma è una minaccia che incombe su tutti i Paesi portatori di una cultura o di una politica che non si confà ad un certo estremismo radicale islamico». A dirlo al Meeting di Cl, in un dibattito sul terrorismo con il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano e il pm milanese Stefano Dambruoso, è il direttore del Sisde, Mario Mori. Il responsabile del servizio di sicurezza interna del nostro Paese attenua tuttavia l’allarme sottolineando i risultati in termini di capacità di prevenzione raggiunti dalle nostre forze dell’ordine dopo l’11 marzo. L’Italia, infatti, secondo Mori, «non è in una situazione pre-spagnola: a Madrid non pensavano mai che avrebbero subito un attentato di quel genere, tant’è che dapprima gli investigatori ne attribuirono la responsabilità all’Eta. Noi, invece, abbiamo un’esperienza più grande e, soprattutto abbiamo la consapevolezza che un attentato di quel genere nel nostro Paese possa avvenire». Osservando che, comunque, «il pericolo di attentati è cresciuto progressivamente», il generale dell’Arma afferma che le forze di polizia italiane e internazionali dovrebbero fare un certo mea culpa per il tempo che hanno messo per accorgersi di questa minaccia montante, ma oggi «grandi passi in avanti sono stati fatti». Mori sostiene che un attacco può essere portato «da gente che vive in Italia da dieci anni, magari lavora in un supermarket e, ricevuto un ordine, cerca di eseguirlo». Ma di fronte a questo stato di cose, le forze di intelligence e di polizia - dice il capo del Sisde - si stanno muovendo in modo sempre più preciso, disponendo di conoscenze e fonti informative che fino a qualche tempo fa non c’erano: «Lo sforzo è riuscire a intervenire in tempo. Non è facile, ma - assicura - l’efficienza delle forze dell’ordine italiane è decisamente superiore alla media delle altre polizie europee». Resta il fatto che, secondo Mori, «esistono in Italia gruppi che potrebbero portare a termine un attentato. Ma a questi gruppi manca un sufficiente supporto tecnico-logistico per agire. E ciò li attarda e li appesantisce». A riconoscere i buoni risultati ottenuti nella lotta al terrorismo di matrice islamica, è stato anche il sottosegretario Mantovano, osservando che «non ci sono al momento elementi specifici che indichino un incremento di segnali allarmanti». Quanto alle ricorrenti minacce via Internet di gruppi islamici, Mantovano osserva che ciascuno di questi messaggi «viene sottoposto ad attento esame allo scopo di distinguere tra ciò che può avere un fondamento di verità e ciò che invece rientra in una ben precisa strategia: quella di incrementare la paura e il panico sull’onda di gesta terroristiche già realizzate». Sulla durata della minaccia terroristica, il pm Dambruoso dice che «non terminerà a breve, ma ci vorranno anni per sentirsi sicuri», anche perché l’azione di smantellamento dei campi di addestramento di Al Qaeda in Iraq ha avuto un effetto di ricaduta di frammenti terroristici che, non più uniti sotto la stessa bandiera, sono andati a ricollocarsi in varie parti del mondo».
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