ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Venerdì 28 Febbraio 2003 |
di ROSANNA SANTORO L’ALLARME «Per i terroristi islamici
siamo nemici da colpire»
ROMA - «È elevato il rischio di attentati di matrice islamica in Italia e contro nostri obiettivi all’estero. E il rischio aumenta nella prospettiva di una guerra all’Iraq, che potrebbe comportare una saldatura tra vari gruppi estremisti, per la comune avversione agli Usa e a Israele». Arriva un nuovo segnale di allarme dalle due ore di audizione del direttore del Sismi, Nicolò Pollari, fatta a porte chiuse al Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. È legato anche all’ultimo messaggio di Bin Laden, ritenuto attendibile dalla nostra Intelligence, in cui il capo di Al Qaeda si schiera a fianco degli iracheni e esorta i musulmani a preparare attacchi suicidi in Occidente, pure in l’Italia. Non basta. A San Macuto il generale Pollari spiega perché il rischio è sempre più serio: «Pure l’azione di contrasto fatta alle fonti di finanziamento del terrorismo dopo l’11 settembre e l’invio delle nostre truppe in Afghanistan, fanno sì che veniamo percepiti come nemici a tutti gli effetti. Inoltre, mentre in passato le cellule di Al Qaeda avevano funzioni logistiche, adesso potrebbero essere operative». Insomma, se finora in Italia Al Qaeda si sarebbe limitata a raccogliere fondi, armi e documenti falsi, per attentati da organizzare altrove, ora potrebbe piazzare bombe nel nostro Paese e contro obiettivi italiani all’estero. In un rapporto del Sismi si segnala infatti il rischio di attentati alle nostre rappresentanze diplomatiche e a strutture turistiche, in Kenya, Mar Rosso, Marocco, Egitto e Arabia Saudita. Ma non preoccupa solo Al Qaeda. In caso di attacco a Saddam, il Sismi teme una saldatura tra le cellule di Bin Laden e altre formazioni fondamentaliste, come il Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento. A unirle potrebbe essere appunto la solidarietà islamica contro un Paese che, come il nostro, si è schierato a fianco dei futuri invasori dell'Iraq, in contrasto con molte nazioni europee, prime tra tutte Francia e Germania. Poi un’analisi sulla situazione internazionale. Pollari spiega che gli Usa avrebbero perseguito con forza tre ipotesi: quella della guerra, certo, ma anche quella di accettare un reale disarmo di Bagdad e la via d’uscita rappresentata dall’esilio di Saddam, su cui starebbero ancora lavorando con l’appoggio di vari interlocutori arabi. Ma il generale osserva che in ogni caso «la macchina militare non può stare in stand-by più di tanto». Da Bruxelles il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, commenta: «Il livello di attenzione è elevato e questo è l’unico dato significativo. Il resto sono ipotesi che partono dal presupposto dell’inizio della guerra, che tutti speriamo non si verifichi». Ma a San Macuto scoppiano polemiche. Dopo l’audizione, il presidente del Copaco, Enzo Bianco, della Margherita, conferma che Pollari ha parlato di un rischio elevato di attentati. E tuona Forza Italia. «Avevamo preso l’impegno - dice Fabrizio Cicchitto - di non fare dichiarazioni sulla relazione di Pollari, per non aprire una ridda di interpretazioni derivate dalle diverse impostazioni politiche sulla guerra. Ma Bianco non si è attenuto a quanto deciso». E per il vicepresidente del Copaco, l’azzurro Pasquale Giuliano, le «dichiarazioni di Bianco sono gravi e irresponsabili in un momento così delicato».
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