ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Mercoledì 29 Ottobre 2003 |
di CORRADO GIUSTINIANI Gli immigrati nel rapporto Caritas/ Il 51,7 per cento vuole restare a vivere da noi anche se fa 17 telefonate al mese a casa. Mantovano: «L’integrazione va approfondita»
Extracomunitari, al Lazio il record di presenze
ROMA - Che sinistra coreografia aleggia su questo Dossier Immigrazione 2003: i flutti del Mediterraneo che ingoiano centinaia di disperati, scampati invano alle sabbie del deserto. E che beffardo contrappunto sonoro, la rievocazione di quanto ebbe a dire James Wolfensohn, presidente della Banca mondiale: una vacca europea è più ricca di quella gente, perché gli allevatori per mantenerla ricevono dall’Unione europea 5 dollari al giorno di sussidio, mentre in Africa centro orientale il reddito pro capite è di due dollari al giorno e in Africa occidentale di appena tre. «Giusto allora rafforzare i controlli, giusto pensare a una risposta europea, giusto colpire i trafficanti di esseri umani. Ma tutto questo non basta - ha ammonito monsignor Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana - Bisogna destinare allo sviluppo del continente africano le risorse necessarie per un tempo adeguato». Sfilano i dati del rapporto annuale sull’immigrazione, nel teatro Orione affollato da almeno 800 persone. Gli ospiti del nostro paese avranno raggiunto i 2 milioni e mezzo, a regolarizzazione ultimata: sono cioè il 4,2 per cento della popolazione complessiva, un punto in meno della media europea, ma un balzo in avanti enorme nel giro di pochissimi anni. Il Lazio diventa la regione a più alto tasso di stranieri, oltre il 7 per cento, ben più della Francia, dunque, mentre dietro, a quota 6 vi sono la Lombardia, l’Emilia Romagna e l’Umbria. Il Marocco resta la prima nazionalità, il cristianesimo la prima religione, col 45,7 per cento, davanti all’islam, che a sorpresa scende al 36,6 per cento, perdendo un punto e mezzo in dieci anni. Molti numeri parlano ormai di un profondo radicamento degli stranieri nel tessuto nazionale: il 51,7 per cento di loro, del resto, dichiara di essere venuto da noi per restare definitivamente, anche se la nostalgia induce a ben 17 telefonate al mese in patria. Sono almeno 750 mila gli stranieri che stanno in Italia da più di 6 anni, e 350 mila quelli che si sono stabiliti da più di dieci. Ben 50 mila sono diventati proprietari di casa, 250 mila sono iscritti al sindacato, quasi mille le associazioni straniere censite dal Cnel. Gli alunni di altri paesi nelle nostre scuole sono diventati 232 mila, nell’anno scolastico 2002-2003, con un balzo del 30 per cento rispetto all’anno prima. Man mano che scorrono le cifre il clima si rasserena. Il momento dell’integrazione è forse arrivato, e la Caritas preferisce mettere da parte le polemiche sulla legge Bossi-Fini. Vengono colte al balzo le dichiarazioni ”autorevoli e impegnative” del vice presidente del Consiglio, che ha appena proposto il voto amministrativo per gli immigrati e ci si aspetta che il disegno di legge di riforma costituzionale vada in porto. In teoria, avrebbero diritto al voto quei 750 mila immigrati presenti da più di 6 anni, ma in pratica solo 150 mila hanno ottenuto la carta di soggiorno, il permesso permanente che sembra un pre-requisto per votare. «Migliaia di immigrati vivono la lunga attesa burocratica per avere accesso a uno strumento di cui hanno diritto». Per non parlare di cittadinanza, poi: si diventa italiani con il contagocce (appena 10-11 mila coronano questo sogno ogni anno) e quasi soltanto attraverso un matrimonio (91 per cento dei casi). Monsignor Alfredo Garsia, presidente di Migrantes, sollecita la ratifica, da parte dell’Italia, della convenzione Onu sui diritti dei migranti, sottoscritta finora da 21 Stati, tutti di partenza e non di arrivo, e chiede una tutela degna di questo nome per i rifugiati. Tocca ad Alfredo Mantovano, sottosegretario agli Interni, rispondere a nome del governo. L’anno scorso, con la Bossi-Fini in Gazzetta ufficiale da un mese, aveva subito una mezza contestazione. Adesso riceve applausi, e ammette: «Ci sono stati dei ritardi sul rinnovo dei permessi e sulla carta di soggiorno. L’integrazione va approfondita di più: completiamo, a fine anno, la regolarizzazione e ci dedicheremo a questo». A ricevere il contratto di soggiorno alla fine delle operazioni, prevede Mantovano, saranno in 650 mila. Poche le domande rifiutate, mentre la prima nazionalità dei regolarizzati è la Romania, poi Ucraina e Polonia. La sanatoria è stato un successo, il bacino dei clandestini si è prosciugato. Ma su questo Franco Pittau, l’uomo-dossier della Caritas, ha seri dubbi, e per dimostrare il contrario attende i dati dei carabinieri sul lavoro nero, quest’anno in ritardo.
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