di MARIO COFFARO
«La magistratura è più deligittimata dai tempi biblici dei processi». «Le scorte? Solo a chi servono»
«I pm? Sono vittime dei loro errori»
ROMA Piuttosto che inseguire la tesi del complotto, ricordiamoci che in passato, e non certo dal mondo politico, è arrivato il deposito di atti giudiziari nelle redazioni giornalistiche prima che nelle cancellerie»: dice Alfredo Mantovano (An), magistrato, sottosegretario all’Interno.
Concorda, dunque, con il ministro Castelli che invita il presidente dell’Anm Gennaro a fornire le prove? «Non bisogna meravigliarsi se da parte dei media arrivano, a fronte anche di una serie di sentenze di assoluzione, degli atteggiamenti di sostanza uguale ma di segno opposto nei confronti di magistrati che hanno attivato quel tipo di meccanismi. Oggi invece di fare processi alle intenzioni vanno fatti processi veri. La magistratura è davanti alla sfida dell’efficienza».
C’è una campagna di delegittimazione delle toghe?
«Io credo che la magistratura sia più delegittimata dalla circostanza che un processo civile si rinvia di due anni in due anni. Non vorrei che l’uscita del presidente dell’Anm sia dettata più da problemi di equilibrio e tenuta interna che da oggettivi rischi di aggressione dall’esterno».
Quali problemi?
«Si avvicinano il congresso dell’Anm e le elezioni del Csm».
I giudici possono vincere la sfida dell’efficienza? «Non possono farlo da soli nè il governo, nè i magistrati, nè gli avvocati. È questione che interpella tutti. Anche la magistratura che non riesce a dare risposte efficienti. Non ci si può nascondere dietro la foglia di fico della carenza di uomini e mezzi per non provare neanche con un supplemento di impegno a garantire quella efficienza che ancora non si riscontra».
Gli avvocati chiedono l’abrogazione della legge Pinto, che ne pensa? «La legge risponde ad una sollecitazione europea e sanziona guasti e lentezze ma non contribuisce a risolverle. Per rendere più snello il sistema c’è sicuramente un problema di strutture e mezzi. Ma anche di produttività dei magistrati. Capita con troppa frequenza che ci sia una fascia di magistrati che lavora dodici ore al giorno, ma c’è anche una minoranza di magistrati che non lavora neanche dodici ore al mese».
I magistrati lamentano la riduzione delle scorte.
«Non è così. Le scorte e le tutele ai magistrati sono ancora pari a più della metà di tutte le protezioni in atto. In molti casi dalla scorta si è passati alla tutela. Significa due persone per la protezione. Questo in generale. Ma nei singoli Comitati per l’ordine e sicurezza siedono i comandanti di polizia, carabinieri e finanza che conoscono territori e rischi nonché il procuratore che ha ogni possibilità di difendere le esigenze di protezione del singolo magistrato. Le scorte, però, non sono state cancellate con un tratto di penna, perché Palermo non è Campobasso».
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