ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO (Sezione: Pag. ) |
Mercoledì 3 Novembre 2004 |
LA LUNGA VIGILIA
All’ambasciata la paura della Cdl per Bush
ROMA La strana aria della festa americana. I pochi ulivisti presenti sono lieti e quasi pronti al brindisi: «Sta vincendo Kerry. Ma aspettiamo la fine della partita». I tanti polisti, che partecipano alla notte elettorale organizzata dall’amasciata degli Stati Uniti all’Hotel St.Regis Grand, hanno un volto da semi-funerale: «Tira un’ariaccia....». Ma l’aria cambia continuamente, exit poll dopo exit poll. Fino all’una di notte, però, Jfk viene dato in vantaggio su George W. Il paradosso è che, mentre le emittenti americane che sono collegate con la sala grande dell’albergo romano, non danno dati, perchè non vogliono sbagliare. Le tivvù italiane non fanno che sputare proiezioni. Un’americana alla festa: «Per fortuna che c’è Porta a Porta, sennò non sapevamo nioente». E non si capisce se ci sta prendendo in giro o fa sul serio. L’exit poll migliore di tutti è comunque quello della faccia dell’ambasciatore americano Sembler. Il volto gli si rabbuina: sta vincendo Kerry. Il volto accenna a illuminarglisi: è in recupero Bush. Dice Lapo Pistelli, eurodeputato della Margherita e autore con Guelfo Fiore di un bel libro edito da Fazi sulla politica estera del governo Berlusconi: «Anche il volto dell’ambasciatore israeliano, qui in sala, vale come un sondaggio. Mi sembra che il suo sguardo sia cupo. Sta vincendo Kerry?». Molti lo pensano. Ma tutti frenano subito dopo aver palesato il pensiero: «Comunque aspettiamo la fine...». Ovvio. Il centro-destra, venuto a festeggiare, non festeggia. Il vice-ministrro Urso va via presto. Fini ancora non arriva. E neppure Gasparri. Però ci sono Selva, Guzzanti, Contestabile, Bertolini, Gawronski, la sottosegretaria azzurra Jole Santelli (con sgargiante spolverino di renna viola), i sottosegretari Mantovano e D’Ali, il centrista D’Onofrio e via così. Il senatore Consolo, di An: «Sento una brutta aria, kerryana. Ma non dispero affatto per Bush. Io pure, nel 2001, andai a dormire nella notte delle elezioni, sicuro di aver perso e l’indomani mi svegliai e avevo vinto». Un direttore di giornale, Antonio Polito, del «Riformista»: «Titoleremo sulla grande vittoria di Kerry». Willer Bordon, della Margherita: «Mi sembra che si stia mettendo bene per i Democratici, ma calma, calma, calma....». Altro senatore della Margherita, Cavallaro: si vede che è contento ma «andiamoci piano, piano, piano... Se c’è da festeggiare, festeggeremo domani». Un addetto dell’ambasciata americana non è calmo affatto: «Sta vincendo Kerry. Dovremo trovarci un lavoro». Chi è sereno è Gianni Letta. Arriva alla festa. Sembra l’ape operosa che mai non si posa. Salta da un capannello all’altro. Saluta tutti. Come una sposa. E ripete a chiunque incontra: «Vedremo, vedremo, vedremo...». Non pare affatto uno che dispera. Così anche alcuni esponenti del generone romano invitati o imbucati, i quali in attesa di sapere chi ha vinto espongono entrambe le spillette dell’elefantino e dell’asinello. Pronti a cavalcarli per andare in soccorso del vincitore. I leader di partito comunque non ci sono. Nè Rutelli nè Fassino nè Berlusconi (sta a Mosca) nè D’Alema e via così. E forse queste assenze sono effetto dell’anatema dei prodiani (che recita così: «E’ segno di provincialismo andare fare il brindisi con gli americani al centro di Roma») o più probabilmente no. La tivvù attira di più i politici piuttosto che la veglia «americana».
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