ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Domenica 4 Agosto 2002 |
di CORRADO GIUSTINIANI Regolarizzare costerà 800 euro
ROMA - Costerà 800 euro far emergere dal lavoro nero un dipendente extracomunitario. Due volte e mezza in più dei 330 euro già previsti per collaboratrici familiari e assistenti agli anziani. Ma, secondo le prime impressioni raccolte fra gli operatori, la cifra appare più che accettabile. A fornire le prime anticipazioni di un decreto che verrà emanato dal governo ai primi di settembre, è stato ieri Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno. Mantovano ha anche dato notizia che gli extracomunitari clandestini, o semplicemente irregolari (se cioè entrati con un titolo valido, poi scaduto) dovranno sottoporsi all’operazione impronte digitali entro un anno dalla data di rilascio del permesso di soggiorno o, in ogni caso, al rinnovo dello stesso. Le impronte sono state previste dalla recente legge Fini-Bossi (e dovranno essere estese anche agli italiani, secondo un ordine del giorno votato dal Parlamento). La vera novità, dunque, è che questa operazione non sarà immediata. «Saranno molti a chiedere la regolarizzazione - ha spiegato il sottosegretario - Le questure si vedranno oberate di lavoro per la verifica e il controllo dei documenti e abbiamo pensato, così, di dilatare i tempi di rilevamento delle impronte». Ma veniamo al decreto che estenderà la regolarizzazione a tutti gli extracomunitari (operai, braccianti, muratori, camerieri ecc.) e sul quale la Caritas, come vedremo, manifesta qualche dubbio. Il datore di lavoro dovrà pagare alla posta, tempo 30 giorni dall’entrata in vigore, 700 euro come costo forfettario di tre mesi di contributi arretrati, e 100 di spese. Per le colf, invece, il costo di tre mesi è stato fissato in 290 euro più 40 di spese, e ci sarà tempo 60 giorni per andare alla posta a pagare. Ma 60 giorni da quando? Il governo vuol far scattare contemporaneamente le due regolarizzazioni. Il presidente Ciampi, ha detto Mantovano, dovrebbe firmare la Fini-Bossi entro l’11 agosto, e la legge, dopo la pausa di Ferragosto e il lavoro degli uffici legislativi, sarà operativa dal 9 settembre. Gli 800 euro sono per Mantovano «una spesa equa e seria nello stesso tempo» perché questa «non è una sanatoria, ma lo strumento sollecitato dagli imprenditori per far emergere sacche di lavoro nero». Ma proprio tutti i datori di lavoro regolarizzeranno gli immigrati o più d’uno dirà loro «fatti tuoi» scaricandoli fuori della porta? Tenerseli senza permesso rappresenterà un bel rischio, giacché l’articolo 14 della Fini-Bossi punisce il datore di lavoro con l’arresto da tre mesi a un anno e l’ammenda di 5 mila euro per ogni extracomunitario irregolare impiegato. E ancora: in certe piccole ditte con padroncini di pochi scrupoli, non sarà magari l’immigrato a pagare gli 800 euro, decurtandosi la retribuzione, pur di essere messo in regola? Qualche parere al volo. «L’importo è conveniente, la gente sfrutterà la legge - dice sicuro Tommaso Purricelli, presidente della coop Sirio di San Giuseppe Vesuviano, epicentro del sommerso, a cui aderiscono ben 500 cinesi - Ricordo una sanatoria nel ’95, in cui chiesero 3 milioni e mezzo. Piuttosto, anche i soci delle cooperative, debbono poter mettersi in regola». Michele Urbano, qualificato consulente del lavoro di Bitonto, roccaforte del "lavoro grigio": «Somma accettabile, ci sono le premesse per aderire». Ma due pericoli vede invece Franco Pittau, responsabile del dossier statistico della Caritas: «Primo, che il datore di lavoro faccia pagare il suo dipendente. Secondo, che non lo regolarizzi e lo licenzi. Tutto questo si potrebbe evitare prevedendo che il lavoratore sia "parte attiva" del processo di emersione, che insomma possa autodenunciarsi, se il datore fa orecchie da mercante».
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