ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO
(Sezione:    Pag.     )
Mercoledì 5 Marzo 2003

di ROSANNA SANTORO

 

«Superprocura per le indagini sul terrorismo»

Riesplodono le divergenze fra Procure. Mantovano: coordinamento


 

ROMA - E alla fine sono tutti scontenti. Con la conseguenza che le indagini sul terrorismo rischiano sempre più di subire ritardi e di mancare traguardi per l’assenza di un coordinamento tra magistrati delle varie città. Al punto che da alcuni rappresentanti della maggioranza, tra i quali il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, arriva la proposta, caldeggiata dall’opposizione, di creare una superprocura antiterrorismo nell’ambito della superprocura antimafia, diretta da Pierluigi Vigna. Un’idea che però non piace a tutta An, di cui Mantovano fa parte, e soprattutto a molti di Forza Italia. E pure i pubblici ministeri che indagano sulle nuove Br evidenziano questa necessità. Ma se a Bologna e a Firenze sono favorevoli ad un nuovo organismo assorbito dalla struttura di Vigna, a Roma si punta più in alto: a una vera superprocura nazionale, che, contrariamente a quella antimafia, abbia pieni poteri di inchiesta e non di solo coordinamento.

Per capire cosa è in gioco basta analizzare quanto sta accadendo nei vari uffici giudiziari che si occupano dei delitti delle nuove Br. Nella procura della Capitale in queste ore la soddisfazione si mischia alla frustrazione. La sparatoria sul treno Roma-Arezzo ha dimostrato la validità del teorema del pool antiterrorismo, che a ottobre aveva portato all’ordine di arresto per Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi, fin da allora sospettati di far parte della banda armata che aveva organizzato l’omicidio D’Antona. Eppure adesso la procura non può contare immediatamente sui risultati investigativi legati alla sparatoria, in particolare sul contenuto dei floppy-disk che erano nello zaino di Galesi, in cui i brigatisti potrebbero aver scaricato le foto scattate con la loro macchina digitale a possibili obiettivi per nuovi attentati. Alla procura di Bologna, dove si indaga sul delitto Biagi, si cerca invece da mesi di avere un quadro unitario sulla galassia delle Br. E, nonostante da Roma siano arrivati molti atti d’inchiesta, ancora non si riuscirebbe a ricostruire l’associazione sovversiva in cui vanno necessariamente inquadrati i fatti di sangue. Inoltre oggi è ancora più forte il timore che i colleghi di Roma, dove è avvenuto il primo omicidio, quello D’Antona appunto, facciano valere la loro competenza sul delitto Biagi. Una preoccupazione che serpeggia pure alla procura di Firenze, che teme di perdere l’inchiesta su Lioce e Galesi. «Comunque - si lascia sfuggire un pm - così non si può andare avanti: se ci sarà un omicidio a Trieste e a Bari, che faremo? Avremo cinque inchieste sulla stessa banda armata?».

Intanto Vigna rilancia la proposta di assorbire nella sua Direzione nazionale antimafia una procura antiterrorismo: «Di fronte a una struttura che esiste, e per la quale ci sono voluti dieci anni per metterla a punto, creare un altro organismo significa sprecare energie». Mantovano è d’accordo: «È un mio parere personale, visto che il governo non si è ancora espresso. Ma credo che la cosa più logica sarebbe quella di realizzare un coordinamento nell’ambito della Dna, che peraltro è guidata da un magistrato come Vigna, che ha un’esperienza invidiabile anche sul terrorismo. Serve una visione d’insieme e una banca dati centralizzata». Di parere opposto Enzo Fragalà, di An come Mantovano: «Sarebbe un centro di potere così forte da comportare rischi per la democrazia». La pensa così anche Carlo Taormina, di FI: «Sono contrarissimo a una superprocura. L'investigazione non è affare dei magistrati, ma solo delle forze dell'ordine». Rilancia invece il presidente della commissione Giustizia della Camera, il forzista Gaetano Pecorella: «Non si può combattere un carroarmato con una spada di legno. Serve una sorta di Procura federale, come negli Usa. Ma siccome sarebbe un vero centro di potere, al suo vertice dovrebbe andare un magistrato scelto dal Parlamento».

All’opposizione piace invece la proposta di Vigna. «Il coordinamento - spiega il senatore Ds Massimo Brutti - è vitale. Chiederemo di discutere in aula il 20 marzo la nostra proposta, ferma da mesi, di affidare alla Dna questo compito». E il presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, Enzo Bianco, della Margherita, ribadisce che «non è pensabile che ci siano indagini spezzettate». Fanno loro l’idea di Vigna anche due magistrati impegnati in queste indagini: il procuratore di Bologna Enrico Di Nicola e l’aggiunto di Firenze Francesco Fleury. Vorrebbe invece una superprocura autonoma il coordinatore del pool antiterrorismo di Roma, Franco Ionta: «Sia le Br che l’eversione islamica si muovono sul territorio. Le inchieste coinvolgono quindi più sedi giudiziarie. Per questo serve un coordinamento, un ufficio nazionale unico con compiti operativi, che svolga le indagini, come quelli che operano in Francia, Germania, Spagna e Grecia».


 

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