ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO | Venerdì 31 maggio 2002 |
Djukanovic: «Ora basta, fuori le prove»
BELGRADO - Era inevitabile. Sulle prime pagine dei giornali jugoslavi campeggiano titoloni sul presidente del Montenegro Milo Djukanovic indagato per associazione mafiosa dalla procura antimafia di Bari. Diversi i toni. La stampa montenegrina, quasi tutta filopresidenziale, si schiera con Djukanovic affrettandosi a spiegare che non è stata certo la notizia dell’inchiesta a far rinviare l’incontro in programma a Londra con il ministro degli esteri Straw. Forse no: ma di sicuro si è risolta con una fumata nera, ieri a Belgrado, la riunione del Parlamento federale sull'approvazione dell'accordo per la nuova “unione soft" fra Serbia e Montenegro, firmato il 14 marzo e già ratificato dai due parlamenti repubblicani. A rallentare i lavori, l'ormai abituale ostruzionismo delle opposizioni nostalgiche, in testa i socialisti di Slobodan Milosevic. E così la decisione è stata dilazionata di 24 ore. Non solo per questo il presidente è furioso. In un'intervista alla televisione di stato del Montenegro e in un’altra al Tg5 sfida apertamente la procura di Bari «ad incriminarlo, se ha le prove, o in caso contrario a smetterla con le illazioni». Djukanovic parla di strumentalizzazioni dei suoi nemici e della volontà di «alcuni ambienti italiani di destabilizzare il Montenegro e me personalmente come presidente: una storia che si ripete sempre quando il mio Paese è al centro di importanti operazioni politiche». Si chiede, il presidente, come possa essere sospettato di mafia e contrabbando proprio lui che è sempre pronto a «collaborare con le autorità giudiziarie italiane che indagano sul traffico di sigarette». Ma la Direzione distrettuale antimafia di Bari sembra di tutt’altro avviso e continua a cercare il “tesoro" di Djukanovic. Parte dei proventi del traffico internazionale di sigarette dal Montenegro all’Italia - assicura il pm Scelsi - sarebbero stati inviati in Svizzera e a Cipro con la copertura del contrassegno diplomatico. Il danaro avrebbe viaggiato a bordo di aerei privati. L’inchiesta, come le conseguenti rogatorie per accedere ai conti delle banche estere, si basa sulle dichiarazioni del testimone Srencko Kestner e di altri collaboratori di giustizia. Kestner è uno degli “uomini d'oro" dei Balcani dove negli anni 90 avrebbe gestito il traffico di sigarette collaborando con il serbo Vladimir Bokan, ucciso nell’estate del 2000 in un agguato in Grecia, titolare dell'unica licenza per l'importazione dei tabacchi in Montenegro. Ma nel '95 la licenza gli era stata revocata da Djukanovic, che riteneva Bokan troppo vicino a Milosevic, e girata al cittadino svizzero Franco Della Torre, considerato il re del contrabbando di sigarette e anche lui inquisito nell’inchiesta della procura di Bari. Certo il Pm Scelsi non ha affrettato i tempi. Un mese fa si è recato a Belgrado per un interrogatorio chiesto per rogatoria e nella città serba è stato successivamente raggiunto dal capo della Procura nazionale antimafia Pier Luigi Vigna. Strano che ora il ministero degli esteri montenegrino cada dalle nuvole e invii alle autorità di Roma una richiesta di spiegazioni «sulla presunta indagine a carico del presidente Djukanovic». Strano anche che la Farnesina, smentendo in qualche modo la procura di Bari, si affretti a far sapere di «non essere stata interpellata sulla questione dell'immunità del Presidente del Montenegro» né «di aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale circa i capi di accusa formulati dalla magistratura nei suoi confronti». Tuttavia il nostro Ministero degli Esteri ribadisce che in materia di immunità il governo italiano si attiene rigorosamente alle convenzioni internazionali in vigore. Chi non prende le distanze dalla magistratura è il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano (An), autore di un libro sui percorsi del contrabbando di sigarette: «Già allora - dice Mantovano - ricordavo come il Montenegro ospitasse latitanti italiani e organizzasse traffici illeciti. La situazione è rimasta tale perlomeno fino al 2000. Il coinvolgimento del presidente Djukanovic? Non mi meraviglia, non è la prima volta che esponenti politici montenegrini sono indagati per fatti simili. La cosa non sorprende affatto». |
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