ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su Il Gior. La Naz. Il Res. | Giovedì 28 febbraio 2002 |
di Ugo Bonasi
Martino al Senatùr:
«Servizi sotto controllo»
ROMA — Clima politico arroventato dalla bomba al Viminale, ma che si riscalda ancora di più per una serie di interrogativi che Bossi propone («Come mai i servizi segreti non sanno?», si chiede il leader della Lega). E per la risposta, una bacchettata, che gli arriva dal ministro della Difesa, Antonio Martino: «Non ci sono problemi coi servizi, ma continuare le polemiche su di loro rende più difficile rilanciarli. E poi, nel governo siamo tutti d'accordo: vanno potenziati per essere più efficaci». Le antiche teorie Bossi rilancia, in sostanza, alcune sue antiche teorie («Ogni volta che si fanno le riforme, scoppia una bombetta o parte una crociata giustizialista», ha sintetizzato), ma questa volta è andato oltre, accostando il «momento critico della sinistra che, se perde alle elezioni, si sfascia definitivamente» ad un'ipotesi: «E dietro il disastro politico possono saltar fuori disperazioni che portano a bombe nichiliste». Da qui l'interrogativo: «Perchè i servizi non prevengono e non avvertono in tempo». Il ministro della Difesa, responsabile di uno dei due servizi, al contrario, getta acqua sul fuoco. Martino esclude che la bomba al Viminale sia legata «in modo diretto» ai movimenti di piazza o alle «polemiche verbali» recenti e definisce «modesta» la pericolosità dell'attentato. Una polemica istituzionale e politica nel governo alla quale altri non s'accodano. Fini, anzi, cerca di abbassare la tensione: «Sì, dietro l'angolo c'è sempre il rischio dei cattivi maestri, ma dobbiamo attenerci ai fatti». Per il numero due di palazzo Chigi «l'importante è non gettare benzina sul fuoco». Consiglio che in molti hanno seguito, ma durante il dibattito alla Camera si è verificato un episodio che ha riportato indietro le lancette della storia. E' stato quando Olga D'Antona (nella foto), vedova del sindacalista Massimo, assassinato nel '99 da un'organizzazione terroristica di sinistra, ha preso la parola e ha attaccato Berlusconi («Non dimentico le sue parole sull'omicidio di mio marito: parlò di un regolamento interno alla sinistra») o il ministro Castelli («Ha evocato la violenza dopo il Palavobis e ho sentito un brivido, le sue parole mi sono sembrate una minaccia»). Ha chiuso il suo intervento, tra l'abbraccio delle colleghe del centro sinistra, suggerendo «prudenza». Il presidente Casini ha cercato di rasserenarla, assicurando che la solidarietà nei suoi confronti è totale, anche da Berlusconi. «Tutto il governo si inchina davanti al suo dolore», ha aggiunto il ministro Carlo Giovanardi. Sono state le parole di Bossi, comunque, ad inquietare l'opposizione. «Gravi, inquietanti e irresponsabili: una sciocchezza enorme», le ha definite il diessino Brutti, mentre l'ex titolare del Viminale, Bianco («Stupito»), l'ha invitato a chiarire al comitato parlamentare sui servizi le «presunte deviazioni». Richiesta fatta propria anche dai Ds. Diliberto, Pdci, non esclude «una provocazione di ambienti interni allo Stato», mentre Minniti, Ds, attacca la maggioranza («Dichiarazioni gravi e reazioni preoccupanti») e Loiero, Margherita, chiede provocatoriamente: «Davvero pensate di trovare al Palavobis l'origine della bomba?». Gli allarmismi Da An, sia Mantovano che La Russa stemperano le tensioni e invitano ad evitare «strumentalizzazioni, ad arrivare a conclusioni immediate e a fare allarmismi inutili». Il sottosegretario all'Interno è convinto che si tratti di un «atto dimostrativo e simbolico» e ha giudicato «un po' frettolosi» alcuni accostamenti tra l'attentato e il clima politico. Un attacco e un invito all'opposizione arrivano dal leghista Cè perchè «prenda le distanze dai movimenti no global al cui interno esistono frange estremistiche».
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