ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Il Gior. La Naz. Rest. Domenca 17 febbraio 2002

di Lucio Tamburini



«C'è ancora corruzione E i controlli non bastano»


ROMA — La corruzione, dieci anni dopo. «C'era, era diffusa e con Mani pulite è emersa, sia pure in parte e con mille limiti — riassume il sottosegretario all'interno Alfredo Mantovano — e ancora oggi c'è, è diffusa, ed emerge solo episodicamente».
Non è cambiato molto, insomma, secondo l'ex magistrato, ora esponente di An. E anche uno dei protagonisti di Tangentopoli, Sergio Cusani, conferma: la corruzione va, come al tempo della «madre di tutte le tangenti», quella Enimont. «Se si lasciassero lavorare bene i magistrati di Torino — aggiunge sibillino Cusani — salterà fuori anche un padre, e un bel padre». «Peggio di dieci anni fa»
Mantovano, intanto, tira le somme di un quadro desolante. I controlli sono diminuiti e anche l'intervento giudiziario (per inefficienza degli uffici o per quieto vivere dei pm) e la credibilità della magistratura «sono oggi certamente più ridotti rispetto al febbraio 1992». Quando certa parte della magistratura passò all'«uso della giurisdizione per finalità politiche». Una strategia che era stata teorizzata almeno trent'anni prima, nella convinzione che «il compito della magistratura sia non solo quello di sanzionare specifiche condotte illecite di singoli esponenti politici, bensì quello di esercitare una forma di controllo sulla politica nel suo insieme».
Il programma-appello del pm milanese Piecamillo Davigo, dunque, secondo il quale l'Italia sarebbe stata «rivoltata come un calzino», è certamente un esempio a riprova della ricostruzione di Mantovano.
E ora? La tentazione del controllo sulla politica esiste ancora, attraverso i processi che restano in piedi, «a testimonianza della restistenza», invocata da Borrelli. Ma la politica è sicuramente meno condizionata che nel passato e affronta la sfida di «individuare strumenti ordinari e seri — conclude Mantovano — per un controllo rigoroso dei propri atti. Mentre l'Ulivo, nei cinque anni del suo governo, ha attenuato i controlli sopprimendo il Comitato regionale di controllo e riducendo il campo d'intervento della Corte dei conti».
Ma Antonio Di Pietro propone un rimedio più drastico, per arginare la corruzione. L'ex pm di Mani Pulite mette nel mirino i corrotti che sarebbero ancora in sella e annuncia la raccolta di firme per una proposta di legge d'iniziativa popolare che estenda «ai candidati al Parlamento la norma che già vieta di candidarsi a cariche negli enti locali a quanti abbiano riportato condanne definitive o siano indagati per particolari reati, come la corruzione».
Il verde Pecoraro Scanio va ancora più in là: lancerà oggi una «petizione popolare per avere finalmente la confisca dei beni dei corrotti».
Sulla vicenda giudiziaria di Mani Pulite e sulla conduzione delle inchieste milanesi, soprattutto, esce poi allo scoperto, dopo dieci anni, il gip che disse sì a oltre quattrocento richieste di custodia cautelare, avanzate dalla procura. «I pm-gladiatori»
Italo Ghitti è stato al Csm, poi è rientrato quattro anni fa nella magistratura e ora vuota il sacco. Ricorda di aver respinto una novantina di richieste di manette, ma ammette di aver assistito per qualche tempo a inchieste condotte con un metodo «che era oggettivamente incapace di adeguarsi ai fatti di corruzione che emergevano». Poi, qualcosa si ruppe nella fiducia del giudice in alcuni pm. Quando si rese conto che erano loro a far uscire certe notizie alla stampa.
Il riferimento è a Di Pietro? Ghitti tace, ma critica anche certi «magistrati-gladiatori che vogliono vincere a tutti i costi nell'arena», che turbano così la serenità dei processi. Che alla fine sono incapaci di fare indagini, «andando appresso ai pentiti senza coltivare il settore delle indagini e dei riscontri».
Il pool, insomma, «ha finito per cedere all'esibizionismo», taglia corto Ghitti. E Di Pietro fa orecchie da mercante. «Ho troppa stima e fiducia nel giudice Ghitti e da me non ci saranno mai critiche nei suoi confronti».

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