ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Il Nuovo Giovedì 16 maggio 2002




 

Immigrati, è ancora guerra nel Polo


ROMA – I centristi insistono sull'estensione delle regolarizzazioni, Bossi fa la voce grossa ricordando i patti per approvare la legge sull'immigrazione prima delle amministrative, i suoi colleghi della Lega invocano un intervento diretto di Berlusconi mentre il presidente della Repubblica Ciampi sottolinea la necessità di «disciplinare» l'ingresso degli stranieri ricordando che il fenomeno avviene «nei nostri interessi».

Tutto questo alla vigilia dell'avvio, in aula alla Camera, della discussione sulla Fini-Bossi che si preannuncia incandescente e che, comunque, non potrà portare ad un risultato conclusivo prima di giugno. Ieri sera si è cercato freneticamente un accordo all'interno della Casa delle Libertà. Inutilmente. Perché seppure il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano ha spiegato che resta il «no» alla sanatoria per tutti ma che ci sono «aperture» rispetto ad alcuni degli emendamenti presentati, l'Udc va avanti per la sua strada facendo sua l'iniziativa di Bruno Tabacci. Ignazio La Russa di An sottolinea l'«errore politico» di rimettere in discussione l'accordo ma all'interno dello stesso partito di Fini ci sono gruppi che individuano nella posizione rigida assunta dal vicepresidente del Consiglio una qualche tentazione lepenista. Che dire poi di Bossi che è entrato in campo in prima persona avvertendo gli alleati che i patti vanno rispettati e che quindi, pausa elettorale o no, la legge va approvata prima delle elezioni. L'aria è quella di chi lascia intravvedere prese di distanze pericolose mentre, unico dei centristi, Carlo Giovanardi si assume il compito del pompiere condividendo il senso dell'iniziativa Tabacci ma auspicando che provvedimenti simili possano essere adottati successivamente e in sedi diverse. Confusione alle stelle.

Il comitato dei nove ha vagliato gli oltre 1.100 emendamenti al testo presentati e ne ha cassati una buona quantità. Con il risultato di far gridare alla «blindatura» il diessino Carlo Leoni mentre l'esponente della Margherita Giannicola Sinisi, più pacato, ricorda che blindature o no tutti gli emendamenti, compreso quello di Tabacci, potranno essere ripresentati in aula. La vigilia elettorale, poi, contribuisce ad avvelenare il clima. Così l'apertura del ministro Scajola – impronte digitali per tutti, immigrati e italiani con carte d'identità europee – raccoglie il plauso dell'opposizione e il silenzio del governo con l'eccezione dei centristi. Livia Turco, che firmò la legge sull'immigrazione che adesso ci si appresta a modificare, e Isabella Bertolini di Fi, relatrice del nuovo provvedimento si scontrano a distanza sul decreto legge, convertito dalla Camera, per le espulsioni. Il provvedimento, per la Turco, rende vano ogni tentativo di lotta alla clandestinità dando la stura ad una serie infinita di ricorsi per il dubbio di anticostituzionalità. La Bertolini, da parte sua, replica affermando esattamente l'opposto e ricordando che il decreto, già in vigore, fin qui ha consentito un maggior numero di allontanamenti. Guerra di cifre, guerra di principi, guerra di sindacati.

Ieri a Vicenza c'è stato il primo sciopero di lavoratori stranieri organizzato dai sindacati confederali. Per chiedere più diritti e dire «no» alla legge Fini-Bossi. Con l'appoggio del moderato Pezzotta della Cisl che invoca una sanatoria a tutto campo per i clandestini. Alla manifestazione vicentina, che ha portato in corso Palladio operai da tutta la provincia, hanno risposto in circa 7.000, secondo fonti sindacali, 4.000 secondo la Questura. Nel rumoroso e pacifico corteo operai senegalesi, nigeriani, marocchini,albanesi, iraniani, delle Repubbliche dell'est Europa. Ma a fianco avevano anche molti loro colleghi italiani, che hanno scioperato su base volontaria per sostenere i compagni di lavoro stranieri nelle richieste di maggiori diritti. All'obiettivo politico di contrastare l'approvazione della Bossi-Fini, o perlomeno di sollecitare l'accoglimento di una sanatoria per tutti gli stranieri che già lavorano in nero, gli immigrati hanno affiancato anche richieste più immediate: il diritto alla casa, alla formazione professionale, a vedere agevolati i ricongiungimenti con le loro famiglie. «Non siamo schiavi – gridava nel corteo un'operaia senegalese – siamo lavoratori onesti, e dobbiamo avere i vostri stessi diritti».

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