ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Panorama
(Sezione: ATTUALITA'     Pag.   )
Giovedì 1 Agosto 2002

di TINO OLDANI



Pisanu: a passi felpati cercando il consenso

Ha ricucito i rapporti con i collaboratori, si è guadagnato le lodi della sinistra e dell'ambasciatore Usa. Grazie al dialogo. E all'uso democratico del suo ascensore.


 

Con questo ministro, la collaborazione sarà eccellente». Lunedì 22 luglio, dopo il primo incontro con Giuseppe Pisanu, da un mese responsabile dell'Interno, l'ambasciatore Usa, Mel Sembler, con i più stretti collaboratori si è lasciato andare a commenti più che positivi. E sette giorni dopo, quando si sono rivisti alla Farnesina per la Conferenza dei consoli italiani nel mondo, i due si sono abbracciati come vecchi amici, davanti a tutti. Nei 35 anni trascorsi in politica, prima nella Dc e poi in Forza Italia, per Pisanu, 65 anni, la cordialità nei rapporti umani e il rispetto dell'interlocutore sono sempre stati un tratto caratteriale, un «must» che con il tempo è diventato parte integrante anche del suo approccio politico. Così è stato con l'ambasciatore Usa, ma anche per i suoi tre vice all'Interno: i sottosegretari Alfredo Mantovano (An), Antonio D'Alì (Fi) e Maurizio Balocchi (Lega). Fino a un mese fa, ai tre era tassativamente vietato servirsi dell'ascensore del ministro, una disposizione impartita non si sa bene da chi, e che di certo non aveva giovato ai rapporti tra l'ex ministro Claudio Scajola e i suoi vice. Con Pisanu, altra musica: i tre vice sono stati invitati subito a cena dal nuovo ministro, che li ha sollecitati a collaborare e, ovviamente, a servirsi del suo ascensore.

«Mi ha dedicato più tempo Pisanu in una settimana che il precedente ministro in un anno» avrebbe commentato Mantovano, titolare di deleghe assai delicate (immigrazione, usura e criminalità). D'Alì è stato incoraggiato a portare avanti il progetto della carta d'identità elettronica, allo studio con la collaborazione del ministro per l'Innovazione e le tecnologie, Lucio Stanca. Quanto a Balocchi, è il vice che ha ricevuto forse i complimenti più calorosi. Il motivo: l'enorme lavoro di potenziamento dei Vigili del fuoco su tutto il territorio nazionale (56 nuovi distaccamenti realizzati, 292 nuove sedi in programma, ammodernamento capillare dei mezzi a disposizione) condotto in appena 12 mesi dal sottosegretario leghista. Oltre a conferire un proprio stile ai rapporti interni al ministero, Pisanu ha rapidamente tracciato una nuova rotta anche per quelli esterni.

Tre i punti cardine. Primo: azione unitaria contro il terrorismo, come indicato da Carlo Azeglio Ciampi. Secondo: niente scontri, ma dialogo con l'opposizione in Parlamento. Terzo: Pisanu tiene moltissimo a un'immagine che sia quella di «ministro delle garanzie e non di ministro delle polizie». Su questa strategia, Pisanu sa di avere l'appoggio esplicito di Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Umberto Bossi.

Che il dialogo con l'opposizione non sia solo un pio desiderio lo si è visto con successo in occasione della manifestazione di Genova dei giovani no global per ricordare Carlo Giuliani: i poliziotti c'erano, ma non si sono visti. E Luciano Violante e Francesco Rutelli hanno fatto i complimenti al nuovo capo del Viminale.

Forse i delusi vanno ricercati tra chi si aspettava che, appena insediato, il nuovo ministro avrebbe tagliato alcune teste. In primo luogo quella del capo della polizia, Gianni De Gennaro. Pisanu non ci pensa lontanamente. Si è reso conto che il ministero è attraversato da guerre intestine, soprattutto tra prefetti e questori, i cui riflessi legge ogni giorno sui quotidiani. Ma da vecchio democristiano navigato sa che la fretta sarebbe una cattiva consigliera. Per questo ha fatto proprio il metodo caro a Ronald Reagan: «Trust and verify, fidati e verifica». Quanto ai rapporti con la stampa, costati cari a Scajola, linea drastica: nessuna intervista, niente dichiarazioni estemporanee per la strada, dichiarazioni ufficiali solo in Parlamento. Anche Mario Scelba si comportò così, e si rivelò un grande ministro dell'Interno.


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