ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Panorama - EDIZIONE SPECIALE
(Sezione:        Pag.    37 )
Sabato 9 Luglio 2005

di STEFANO VESPA

7 LUGLIO 2005  

 Contro il terrore specialisti in TOGA

Non bastano le forze di polizia. Ora servono anche giudici esperti di Islam e di immigrazione. Parola di Alfredo Mantovano, numero due del Viminale.


 

«La lotta al terrorismo internazionale deve farla il sistema nel suo complesso: le forze di polizia si sono attrezzate, altrettanto faccia la magistratura giudicante. Un pm antiterrorismo deve avere un giudice altrettanto specializzato». All'indomani degli attentati di Londra, Alfredo Mantovano, An, sottosegretario all'Interno con delega alla sicurezza, lancia la proposta di creare nuove competenze tra le toghe. E garantisce che in Italia l'attività di prevenzione prosegue con il massimo impegno.

Sottosegretario Mantovano, dopo la strage di Londra è inevitabile pensare che in futuro possa toccare all'Italia.
Quello che si può dire con certezza è che dall'l1 settembre c'è stato un impegno crescente e raffinato dei servizi segreti e delle forze di polizia. Che ha dato risultati in termini di prevenzione. Con altrettanta sicurezza, non posso firmare una dichiarazione per dire che da noi non succederà mai nulla.

Su Londra c'erano stati molti allarmi, ma la data non è stata casuale.
Un attentato in contemporanea al G8 in Scozia ha un'eco enorme. Il terrorismo di matrice islamica ormai non si limita a colpire soltanto i singoli, ma cerca il più possibile di intervenire in vicende significative: a New York e a Washington sono stati colpiti i singoli, a Madrid c'è stato il salto qualitativo con un attentato nel cuore della campagna elettorale. A Londra ci si avvicina più a Madrid che a New York, come a dire «l'agenda ve la stabiliamo noi».

E in Italia?
Le forze di polizia garantiscono stabilità e ricevono attenzione da quelle degli altri paesi. Ma il sistema ha dei punti deboli, come quello dell'autorità giudiziaria giudicante, e sottolineo giudicante. In questi momenti il sistema dev'essere a tenuta stagna. Invece qualche falla c'è.

Vuole dire che i giudici non fanno tutto ciò che dovrebbero nella lotta al terrorismo internazionale?
Nessuna polemica né con l'istituzione della magistratura né con il singolo magistrato. Però le forze di polizia hanno modulato la loro attività di prevenzione e di contrasto per le particolari caratteristiche della minaccia. Oggi si studia l'arabo o il Corano molto più che in passato. Non dico che i magistrati debbano studiare l'arabo, ma una specializzazione è indispensabile.

Serve dunque una procura nazionale antiterrorismo?

Che sia una procura antiterrorismo o una procura antimafia con compiti estesi, un organo di raccordo ci dev'essere. E insisto sulla necessità di un'apposita formazione dei magistrati.

Specialisti che dovrebbero essere in tutti i distretti giudiziari italiani.
Un pubblico ministero esperto di antiterrorismo deve avere come interlocutore un giudice che conosca la materia. Intendiamoci, non sto invocando dei giudici speciali che applichino norme speciali. Pensiamo all'antimafia: a fronte di ogni direzione distrettuale antimafia esiste un giudice per l'udienza preliminare antimafia che ne è l'interlocutore diretto.

Non sono tutti d'accordo.
Esistono contrasti sia nella magistra tura sia nella politica. Ma se c'è un giudice del lavoro, perché non dovrebbe esistere un giudice specializzato sul terrorismo internazionale? Il Csm, spiace dirlo, non ha svolto nessuna attività di formazione mirata, a differenza delle forze di polizia.

Nel gennaio scorso ci fu polemica per la decisione del gup di Milano Clementina Forleo, che assolse tre islamici. Ci sono altri casi analoghi?
Il giudice Forleo sostenne che non c'erano prove della loro attività terroristica rifacendosi a una convenzione Onu inesistente. E il gip di Napoli, all'inizio del 2004, non adottò provvedimenti restrittivi nei confronti di riconosciuti appartenenti al Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento dicendo che non c'è prova che questo gruppo sia un'organizzazione terroristica. Ma esiste una «lista nera» dell'Unione Europea con tutte le organizzazioni pericolose.

Torniamo alla sicurezza quotidiana dei cittadini. Gli attentati di Londra comporteranno controlli più severi negli aeroporti o nelle metropolitane?
Il passeggero di un aereo magari troverà difficoltà nel fare una fila più lun ga, ma su un aereo trovano posto 200 persone, quante ne entrano in un minuto in una stazione di metropolitana. Il terrorismo punta anche a creare anomalie nella vita quotidiana: un tasso di anomalia è tollerabile, un metal detector nelle metro sarebbe impensabile. Nessuna cautela garantisce al cento per cento, l'arma vincente sta nella prevenzione: avere più informazioni e i criteri giusti per selezionarle.

Avevate segnali di un attentato imminente in Europa?
C'erano notizie sul reclutamento e sull'indottri namento in alcune città italiane, talora all'ombra delle moschee, per mandare potenziali kamikaze in Iraq. Non c'erano segnali specifici su attentati.

Ora i controlli sulle moschee saranno intensificati?
Occorre equilibrio tra il rispetto della libertà religiosa e la predicazione del terrorismo. Il ministro Giuseppe Pisanu ha fatto un uso saggio dell'espulsione per motivi di ordine pubblico: ci sono stati risultati sia nell'allontanamento di alcuni predicatori di violenze che nella dissuasione nei confronti degli altri. Il punto debole è costituito dalla magistratura, in questo caso amministrativa, che in più di un caso ha revocato l'ordine di espulsione.

I fatti di Londra avvieranno comunque delle riflessioni.
Mi auguro che riflettano coloro che contrastano il meccanismo delle espulsioni di immigrati clandestini.

Tasto dolente, in questi giorni di polemiche sui centri di permanenza.
Premesso che i clandestini non sono terroristi né criminali, se la rete dei controlli è larga, può consentire qualche passaggio a rischio. E lunedì 11 luglio a Bari si riuniranno i rappresentanti di 12 regioni governate dal centrosinistra che vogliono chiudere i centri di permanenza temporanea.

Un'idea lanciata dal governatore della Puglia, Nichi Vendola.
8 Vendola parte da un pregiudizio ideologico: chiunque, secondo lui, dovrebbe potere entrare tranquillamente in Italia, dunque in Europa, senza permesso di soggiorno. Sono grato agli ex ministri Giorgio Napolitano e Livia Turco per aver spiegato che i centri sono necessari. Quella dei governatori sarà pure un'iniziativa solo propagandistica, ma di fatto le regioni contrastano attivamente (anche con proteste di piazza) la creazione di altri centri e dunque il completamento dell'attività di contrasto della clandestinità. Tra il modo in cui sono trattati i prigionieri a Guantanamo e le decisioni della dottoressa Forleo ci sarà pure una via di mezzo, nel rispetto del le garanzie.


    

 

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