ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su nuovo Quotdiano di Puglia (Sezione: LECCE CRONOCA Pag. VII ) |
Venerdì 14 Marzo 2003 |
di VINCENZO MARUCCIO Il dibattito Il Presidente del Fondo antiracketitaliano replica agli istituti di credito : «Manca un sostegno alle imprese» «Usurai trattati meglio di imprenditori-eroi»
Le banche tornano sotto accusa. Non è bastata l'autodifesa (a sferrare l'attacco era stao il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano) se il nuovo affondo arriva da uno che il mondo lo conosce bene: Lino Busà, presidente nazionale del Fondo Antiracket Italiano che riunisce le associazioni che lottano contro il racket e contro l'usura. Un affondo tutt'altro che morbido se è lui il primo a spiegare che «qui si tratta di vere e proprie vessazioni a cui la magistratura deve guardare». Dice proprio così, Busà: vessazioni. E lo fa con una premessa: «I problemi dello Stato ho imparato a conoscerli dalle numerose testimonianze e li ho approfonditi nei giorni scorsi in cui la "Caravona antiracket" ha toccato piccole e grandi città della provincia di Lecce. Ho conosciuto piccoli imprenditori e commercianti che denunciano la criminalità e, il giorno dopo, si ritrovano con il problema aggiuntivo di dover fare i conti con le banche che si fanno vive per rientrare da questo o da quel prestito. È inaccettabile».
Lo stesso affondo che aveva mosso Mantovano nel Consiglio comunale monotematico di Lecce sull'allarme sicurezza e attentati, a 72 ore dall'omicidio di Antonio Fiorentino: «Deve finire questa storia che quando scoppia una bomba il primo soggetto che si presenta al povero disgraziato è la banca», aveva detto. La risposta delle banche non si è fatta attendere: «Il sotosegretario Mantovano sbaglia, non esistono fenomeni del genere perchè le banche, piccole o grandi che siano, svolgono un ruolo di sostegno a imprenditori e commercianti». Questo hanno risposto dalla Banca Popolare Pugliese, dal Banco di Napoli e dal Credito Cooperativo di Terra d'Otranto
Quarantott'ore dopo ecco il contrattacco firmato Busà. Con una premessa, come la chiama lo stesso presidente del Fondo Antiracket: «Il rapporto delle banche con la piccola impresa è sempre stato più difficile rispetto a quello con la grande industria: una difficoltà che, al Sud e quindi anche nel Salento, risulta maggiore a causa di due fattori come le garanzie richieste e gli interessi mediamente più alti rispetto al Nord. Insomma, non c'è un sistema bancario che, davvero, agisca a sostegno della piccola impresa, in fondo, questi istituti di credito fanno attività di sportello e poco altro».
Scontro totale, insomma: cone se non ci fossero possibilità di mediazinoe e di conciliazione. «Difficile - aggiiunge lo stesso Busà - trovare un punto in comune quando, spesso, gli usurai diventano i migliori clienti delle banche: per questi personaggi si stendono tappeti rossi e ci si toglie il cappello. Al cliente che, invece, dopo una minaccia, un attentato o qualcosa del genere ha trovato il coraggio di fare nomi e cognomi alle forze dell'ordine o di parlare con i giornali si arriva subito a chiedere il rientro da piccoli o grandi prestiti. Certo è giuridicamente leggittimo che, in base ad un contratto, lo facciano, ma è civilmente inaccettabile che si prenda di mira chi, denunciando un malvivente e mettendo in pericolo la propria vita, ha fatto in realtà un bene alla collettività».
Parole dure quelle del presidente del Fondo Antiracket. Parole che, come dice lui stesso, «servono a svelare una contraddizione che indebolisce chi fa della legalità il punto di riferimento: da una parte un imprenditore riceve soldi dallo Stato che si fida e li concede attraverso il cosiddetto Fondo di solidaarietà antiracket, e, dall'altra si ritrova la banca che chiude i "rubinetti" arrivando perfino a negare l'apertura di un semplice conto corrente. È un paradosso che inquieta: per lo Stato quell'uomo è un eroe, per la banca è un soggetto a rischio».
Dietro l'angolo, quando di prestiti si parla, c'è sempre la paura di finire nel baratro. Busà lo chiama «mercato nero del credito» e assicura che non si tratta di casi isolati come potrebbe sembrare. «Perchè qui - conclude - si tratta di persone che vivono quest'angoscia sulla propria pelle e non solo con i numeri. E, purtroppo, ho ascoltato troppe testimonianze per non dire di essere preoccupato. Preoccupato lo sono. Anzi, sono allarmato».
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