ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su la Repubblica di Bari (Sezione: Pag. ) |
Mercoldì 6 novembre 2002 |
"Ora vivo all'inferno ma non me ne pento"
FOGGIA- Domandargli se lo rifarebbe, dopo tutto quello che ha passato, è del tutto inutile. Mario Nero, nella sua prima vita allevatore di cani ed oggi testimone di giustizia sotto protezione, non ha alcun dubbio. Sele lancette del tempo potessero essere puntate indietro di dieci anni e tornare alle 23 del 6 novembre del 1992, Mario Nero guarderebbe di nuovo in faccia l'assassino di Giovanni Panunzio e tornerebbe in Questura, come fece allora, per cercare, tra le migliaia di foto segnaletiche, quella con il volto del killer. La sua vita, dopo la testimonianza che inchiodò l'assassino di Panunzio, facendo emergere allo stesso tempo e per la prima volta nella storia di Foggia l'esistenza di una mafia ben strutturata e con regole e comportamenti predefiniti, è diventata un inferno. Sette trasferimenti in località segrete, una famiglia tenuta in piedi a fatica e non senza periodi di incertezze e tensioni, due figli cresciuti tra una scuola e l'altra d'italia, gli sguardi inquisitori della gente che troppe volte lo ha scambiato per un pentito, un prontuario farmaceutico nella valigia con più psicofarmaci che medicinali. Senza contare le volte che lo Stato ha tentato di abbandonarlo, salvo poi rimetterlo sotto protezione dopo una serie infinita di ricorsi guidiziari. "Non sono stato io a sbagliare - racconta il testimone da una località segreta - non vedo perché dovrei pentirmi di quello che ho fatto. Anzi, tutti dovrebbero seguire il mio esempio. I malavitosi usano il territorio come se fosse casa loro e non hanno scrupoli a sparare e a commettere reati in locali pubblici o per le strade. Quante volte a rimetterci la vita sono gli innocenti? Dobbiamo fare un fronte unico e compatto. Non possiamo girarci dall'altra parte e fare finta di niente". Eppure, Mario Nero avrebbe di che lamentarsi dopo il trattamento ricevuto dallo Stato, che per quattro anni lo ha ignorato, lasciandolo praticamente in mutande. Per lui il programma diprotezione è stato ripristinato solo dopo un ricorso al Tar e al consiglio di Stato. "E stata la commissione presieduta dall'onorevole Mantovano - spiega - a restituirmi il programma e non solo. Ora, grazie a lui, in fondo al tunnel vedo una luce. Lo stato ha riconosciuto le proprie colpe ed ha stipulato una specie di convenzione con l'inps per il riconoscimento dell'80 percento di in validità psichica per me, il 60 per mia moglie, il 40 per i miei figli che hanno quattordici anni e dieci anni. Un 'altra convenzione l'abbiamo stipulata con l'ufficio delle Entrate che in mi riconoscerà una somma per tutto quello che ho perso in dieci anni di inattività. All'epoca avevo ventinove anni. Oggi ne ho quaranta, ma per me è come se la vita fosse già finita".
Nell'esistenza di quest'uomo che ha voltato le spalle all'omertà, però, qualcosa sta per cambiare. Lo Stato gli ha proposto un'assunzione al ministero dell'Interno come "testimonial" della legalità. In sostanza, Mario Nero potrebbe occuparsi di pubblicazioni e iniziative in questo senso, e tenere comiferenze per conto dello Stato, allo scopo di sensibilizzare soprattutto i più giovani su i delicati temi della legalità e della coscienza civile. Attualmente in Italia sono 70 i testimnoni di giustizia sotto protezione rispetto ad un esercito di 1142 pentiti. "Questo diventerà un paese normale - dice con amarezza Mario Nero - quando cifre del genere saranno invertite".
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