ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su LA REPUBBLICA Domenica 28 ottobre 2001

GOFFREDO DE MARCHIS

Il sottosegretario all'Interno d'accordo con Rutelli: apriamo un tavolo per decidere i cambiamenti

Mantovano: "Discutiamo subito su come lavorano i magistrati"



ROMA - «Fermare le risse? È uno sforzo che faccio da sempre. Ma oggi a Rutelli dico che non servono le parate, gli stati generali della giustizia. Meglio fare un elenco dei problemi e delle priorità». Il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano risponde al leader dell'Ulivo che propone una conferenza nazionale della giustizia per metà legislatura, una sorta di pacificazione tra le parti.

Niente conferenza e allora da dove cominciamo?
«Scattando la fotografia della realtà. Evitiamo la moltiplicazione delle dichiarazioni d'intenti. Meglio un tavolo operativo. All'ordine del giorno non c'è la polemica politicamagistratura, ma l'efficienza dell'intero apparato giudiziario e in questo contesto si colloca il tema dell'efficienza del lavoro dei magistrati».

Anche lei vuole magistratimanager?
«Al lavoro delle toghe i cittadini si affidano per avere delle sentenze civili prima della morte e a pronunciamenti penali che non avvengano in tempi biblici. Ed è vero che ci sono tantissimi magistrati che stanno alla scrivania dodici ore al giorno, ma ci sono quelli che non ci stanno neanche dodici ore in un mese. Dobbiamo trovare dei criteri di dedizione al lavoro più omogenei. Il Csm interviene solo in casi patologici, ci si affida alla sensibilità professionale di ciascuno e questo può essere un buon criterio, ma se questo non avviene allora devono esistere una serie di controlli. Eppoi è necessaria una razionalizzazione delle risorse analoga a quella progettata per le forze di polizia. Su questo c'è bisogno del contributo del Csm, dell'associazione nazionale magistrati anche se la prima parola spetta al governo e l'ultima al Parlamento».

Condivide l'idea di aprire il ministero della Giustizia all'avvocatura?
«L'importante sono le competenze tecniche. Se i ruoli vengono coperti da magistrati o avvocati è un aspetto secondario. Il criterio di selezione a Via Arenula non deve avvenire per corporazione, ma per competenza. E non è detto che non si possa sfruttare l'esperienza, per esempio, di un presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati».

Lei come giudica le tre leggi che riguardano la giustizia approvate nei primi cento giorni?
«Penso che in tutt'e tre i casi sono state trovate delle soluzioni equilibrate. Anche sul rientro dei capitali c'è tutta la possibilità di adottare degli accorgimenti tecnici per perseguire il riciclaggio».

Si riapre il discorso di una commissione per Tangentopoli?
«Da un punto di vista politico e tecnico, non è la priorità. La Casa delle libertà ha vinto le elezioni. E questo significa gli italiani non sono stati condizionati dalle vicende giudiziarie che quando si è votato erano ancora attuali e poi hanno avuto i loro sviluppi in seguito. Tecnicamente, sarebbe meglio fare una commissione sull'efficienza del sistema giustizia. Dobbiamo pensare al futuro. Altrimenti rischiamo la fine della moglie di Lot, trasformata in una statua di sale quando si guardò all'indietro».

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