ROMA - Alfredo Mantovano, legionario di Cristo, sottosegretario all'Interno e deputato di An, ha appena lasciato una platea di cardinali riunita all'Ateneo Pontificio per un convegno `Laicismo e cristianesimo di fronte alla vita'.
Sembra fatto apposta, no?
«Per la verità, l'incontro era fissato da tempo».
Da prima che Fini difendesse
le coppie di fatto e i Pacs?
«Guardi che Fini non si è affatto allineato a chi, come Prodi,
sostiene i Pacs».
Ma i giornali l'hanno interpretato così e lui non ha smentito...
«E' inutile fare processi alle
intenzioni, quel che è certo è
che Fini di Pacs non ha mai
parlato».
Ma ha detto che bisogna
«rimuovere eventuali di scriminazioni che negano i diritti di chi ha dato vita alle unioni di fatto».
«Per la verità, una discriminazione esiste quando situazioni uguali vengono disciplinate in modo diseguale...».
E la famiglia non è uguale alla convivenza?
«No, la famiglia e le convivenze di fatto presuppongono condizioni e doveri diversi. E' dunque logico che diversi siano anche i diritti».
Per molti, la convivenza è uguale al matrimonio.
«Ma non per la nostra Costituzione, che definisce la famiglia come la 'società naturale fondata sul matrimonio'. Oltre, ovviamente, al matrimonio, il punto è l'aggettivo
naturale».
In che senso?
«Nel senso che in natura esistono gli uomini ed esistono le donne».
E i gay?
«I gay, no. I gay non esistono in
natura come dato originario ma sono il frutto del disagio e di certi condizionamenti culturali».
Se è così, perché Fini ha voluto difendere le coppie di fatto?
«Non certo per teorizzare la bontà dei Pacs. Certi diritti possono essere tutelati con semplici interventi amministrativi o piccole rettifiche normative...».
Per esempio?
«Beh, per esempio mi pare giusto assicurare a chi ha convissuto a lungo con una persona la possibilità di assisterla in ospedale».
Non crede che si possano difendere sia la famiglia che i Pacs e non per questo accettare i matrimoni gay?
No, per il semplice fatto che i Pacs rappresentano un evidente
surrogato dei matrimoni gay. Se vogliamo evitare discriminazioni, partiamo dalla famiglia».
In che senso?
«Nel senso che, per esempio dal punto di vista fiscale, un capo famiglia è penalizzato rispetto a un single».
Da cattolico rigoroso, non crede che molti politici assecondino la Cei solo per interesse o conformismo?
«No. Credo sia ormai chiaro a tutti che la Chiesa non è più in grado di influenzare i risultati elettorali e se oggi c'è un conformismo è quello laicista. Non certo quello cattolico».
Eppure, nella Cdl c'è chi difende Fazio in quanto cattolico.
«Fazio va giudicato per come ha interpretato il proprio ruolo di governatore di Bankitalia, e il fatto che sia cattolico non dovrebbe essere rilevante. Tommaso Moro è diventato santo non per aver scritto l'Utopia, testo peraltro sconsigliabile per un cattolico, ma per aver testimoniato la propria coerenza con la fede a prezzo della vita».