ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su qn
Il Resto del Carlino La Nazione Il Giorno

(Sezione: Il Resto del Carlino    Pag.    )
Lunedì 23 Settembre 2002

di Silvia Mastrantonio


«Tendiamo la mano ai Paesi che collaborano»


 

ROMA — Un decreto flussi contenuto ma immediato per consentire gli ingressi contingentati da quei Paesi che hanno mostrato collaborazione nella lotta all'immigrazione clandestina.
Non è la «bacchetta magica» per risolvere il problema del traffico di uomini, ma un provvedimento che, insieme con i controlli e la messa a regime della legge Fini-Bossi, può costituire un altro tassello importante lungo questo cammino.
Il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano (nella foto) ha in mente una strategia precisa. E ribadisce che occorre far presto. «Aspettare anche solo qualche altro mese vuol dire attendere che il mare ci consegni altri cadaveri». Morti come quelli di Porto Empedocle o come quelli di ieri.
«Questo è l'unico strumento da utilizzare per ottenere risultati a breve — spiega il sottosegretario con delega ai problemi dell'immigrazione — perché costituisce un segnale di concreta apertura. E' illusorio immaginare che si possa dire ai Paesi del Sud Mediterraneo di collaborare e basta. Visto che non siamo nelle condizioni di regalare motovedette o elicotteri, non ci resta che aprire qualche spiraglio in questo senso».

Quanti stranieri potrebbe riguardare?
«15-20.000 persone. Ma non si può aspettare che sia ultimata la regolarizzazione per il nuovo decreto sui flussi. Il computo si potrà fare per il 2003, per il 2002 basta un provvedimento circoscritto. Aspettare altri mesi può portare ad altre tragedie».

E la Lega? Il computo dei regolarizzati per il decreto flussi è un ulteriore paletto voluto dal Carroccio...
«Ogni scelta ha delle conseguenze. Se si aspetta ancora potremmo raccogliere altri cadaveri. E comunque non vedo problemi di accordi politici con una simile iniziativa.Si tratta di un investimento per il futuro».

Sul fronte repressione? A che punto è la polizia di frontiera?
«E' stato ultimato il piano di fattibilità, ora si tratta di passare alla fase più concreta. Solo che occorre chiarire gli equivoci, non si tratta di mettere in campo una polizia europea, ma solo di una maggiore collaborazione tra le forze dell'ordine dei diversi Paesi. Non ci si immagini quindi gli uomini in divisa con 15 stellette perché non è questo il progetto».

E i controlli affidati alla Marina?
«Quando arrivano 100 persone stipate su una barca di 11 metri c'è solo da salvare vite umane. Il coordinamento in mare tra Marina e altre forze di polizia ha altre potenzialità, come quella di consentire di catturare gli scafisti. Non voglio sottovalutare questa collaborazione, ma anche qui non siamo alla bacchetta magica. Si tratta di un altro tassello di una strategia globale».

E l'Europa?
«Serve una presa di responsabilità da parte della Ue perchè un accordo dell'Europa con un Paese terzo è più autorevole di quello di un singolo Stato. Occorre rendere omogenea la politica europea. Molto è stato fatto e molto si deve ancora fare».


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