Roma - La prescrizione per i latitanti di Primavalle è l'ultimo di una serie di casi di «giustizia ingiusta». Alfredo Mantovano, di An oggi sottosegretario all'Interno, ieri magistrato, non sembra scandalizzato più che tanto.
Lei dice: «È stata applicatata la legge». Ma il senso comune e il suo stesso partito si ribellano
«Il mio partito e io abbiamo dichiarato tutto il nostro sconcerto per questa vicenda. Ma da un punto di vista giuridico non si può dire nulla. Semmai è discutibile la valutazione dei fatti che non ha portato alla condanna per strage. Quella sarebbe stata inprescrittibile».
Ma non è giusto far correre i termini di prescrizione anche per un latitante?
«Lo è, profondamente. Perchè al di là del discorso giuridico, quel che resta sono gli assassini in libertà. Vorrei dire: summum ius summa iniuria.
Infatti: la «tecnicalità» che offende, come in altri casi. Il giudice Mario Sossi, in un intervista al nosro giornale, denuncia le troppe leggi poco chiare e le troppo sentenze poco severe.
«Sono d'accordo. Ma a mio avviso, più che intervenire su singoli istituti che riducono le pene, bisognerebbe fare un discorso d'insieme. Il primo passo è considerare la coesistenza dei benefici. Ce ne sono vari, previsti da diverse norme. Presi singolarmente hanno una loro logica, ma il problema è che poi si sommano e fanno si che quando arriva a una condanna questa sembra il gioco dell'oca, che fa perdere pezzi dell'entità della pena».
Come si rimedia?
«Lo sforzo da fare non è di cancellare questi benefici, ma di valuatare la loro comprensenza nel caso concreto. È emblematico il caso Juncker».
Già, il caso Juncker.
«Grazie al rito abbreviato, aveva ottenuto uno sconto in primo grado. In appello, altro sconto fortissimo grazie al patteggiamento. Senza contare che poi beneficerà della Gozzini. Anche se il codice lo consente, tutto ciò sconcerta. Non è un appunto ai giudici che applicano il codice. È questa coesistenza di istituti che non va bene».
Da politico e legislatore lei cosa farebbe?
«Una legge delega al governo focolalizzato sulla certezza della pena».
Voi di An avete sempre battuto su questo. Lei aveva una proposta di revisione della Gozzini. Ma non sembra essere stato il vostro principale obiettivo.
«In questa legislatura c'era una proposta come quella del'on. Cirielli che andava in questa direzione, mirava sopratutto a rivedere la Gozzini. Poi è diventta una cosa diversa. Ha subito una sorta di strip tease».
Per l'opposizone è diventata legge «salva Previti». Ed eccoci alla riduzione dei termini di prescrizione. Dopo il caso di Primavalle rimane proponibile?
«Nel caso di Primavalle opera la vecchia legge. Quando alla porposta oggi in discussione, mi auguro che al Senato ci sia qualche rettifica».
Non sarebbe meglio intervenire sui tempi dei processi, come suggerisce Sossi?
«Credo che si debba intervenire innanzitutto sulla contestualità dei benefici, dati peraltro in modo indiscriminato e senza tener conto della recidività del condannato. Il problema di fondo è avere questo sguardo d'insieme. Anche se non basta».
Che altro serve?
«Soprattutto la volontà politica di ritenere che la pena è qualcosa di cui nessun tipo di società si può privare. In modo equilibrato, serio, sereno, certo. Ma è inaccettabile il rifiuto ideologico della pena in sè, come si nota anche in certe discussisoni in Parlamento. E non solo in uno schieramento».
Anche il vostro perchè eccessivamente garantista?
«Infatti. Diciamo che in questa legislatura a differenza dell'altra non ci sono state proposte d'indulto per il terrorismo. Ma da ciò a dire che vi è un orientamento maggioritario perchè la funzione retributiva della pena abbia un riscontro concreto, ce ne corre parecchio».