«Stragi di clandestini,
la Ue non può tacere»
Ancora morti lungo i tragitti della speranza che dall'Africa portano in Italia e in Europa. Altre due tragedie si sono consumate nel silenzio del mar Mediterraneo senza che, quasi, nessuno se ne sia accorto. Non è chiaro neanche il numero preciso dei morti da piangere nella giornata in cui il Papa torna a far riflettere l'Occidente sui doveri di «chi accoglie».
Ma che cosa si può e si deve fare per impedire queste stragi? Dove intervenire nei meccanismi della nuova legge Fini-Bossi?
L'abbiamo chiesto al sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, che esordisce: «Le parole chiave sono due: prevenzione ed Europa».
Ci spieghi meglio...
«Per la prevenzione sono stati fatti molti passi avanti. Rispetto ad un anno fa le rotte del canale d'Otranto sono praticamente chiuse grazie alla collaborazione con l'Albania e con la Turchia e la polizia egiziana. Quest'ultima, per esempio, ferma le navi ancora prima che attraversino il canale di Suez e noi mandiamo là dei voli charter per riportare i clandestini nei paesi d'origine. Con altre polizie, come quella albanese, ci sono altre forme di collaborazione. Abbiamo fornito motovedette ed elicotteri. Tutto questo ha portato frutti: da metà agosto non ci sono stati più sbarchi sulle coste pugliesi».
Ora si cerca il transito attraverso la Libia?
«Le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di uomini hanno individuato il punto più debole. La Libia subisce forti pressioni interne dal Sud del paese per le migliaia di immigrati che puntano ai porti. Il nodo su cui intervenire è la collaborazione con i libici. Ci sono contatti, ma non si possono nascondere le difficoltà di dialogo che derivano dalla struttura di governo di quel paese. Non solo. Nei confronti della Libia esiste tuttora l'embargo che ci impedisce, ad esempio, la cessione di mezzi. E'qui che la questione prevenzione si sposa con l'Europa».
Nel senso che occorre una politica unitaria?
«Finora la maggior parte del carico di responsabilità rispetto a questo problema è pesata sull'Italia. In molti interventi il ministro Pisanu ha sottolineato la necessità che la questione sia affrontata a livello europeo. Perché è chiaro, per esempio nei confronti della Libia, che una pressione italiana è ben diversa da una europea».
E il contrasto in mare previsto dalla legge?
«In casi come questi serve a poco. Serve per l'abbordaggio e la cattura degli scafisti, ma in mare la priorità resta sempre quella di salvare vite umane».
C'è chi getta le responsabilità di queste morti sulla politica italiana e su quella europea...
«Non commento gli atti di sciacallaggio perché è noto che gli sciacalli si nutrono di cadaveri. Quel che importa, adesso, è chiudere il cerchio. Rendere chiaro alle organizzazioni criminali che gestiscono questi traffici che non ci sono altre vie per entrare in Italia che non siano quelle regolari. Senza abbassare mai la guardia».
Come commenta le parole del Papa sulla xenofobia?
«Il messaggio di Giovanni Paolo II si può leggere e assimilare, non si commenta. Credo che sia in linea con quanto ci stiamo sforzando di fare dicendo sì agli ingressi regolari e all'integrazione. Ma non si entra sfondando la porta».