ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL SECOLO XIX Martedì 15 gennaio 2002

Renzo Parodi

Mantovano: il gesto di Borrelli impedisce il dialogo

«No alla giustizia politica»


Genova. Sottosegretario agli Interni e responsabile di An per i temi della giustizia, Alfredo Mantovano, (sconfitto da D'Alema nella tenzone elettorale di Gallipoli), ci ha rilasciato questa intervista.

Il "Secolo XIX" ha lanciato la proposta di una Costituente per la giustizia che riunisca destra e sinistra in spirito bipartisan. Lei sarebbe favorevole?
«In questo momento c'è una temperatura abbastanza elevata e più che il tempo di immediate riforme credo sia il tempo di comportamenti corretti. Se si ripetesse quello. che è successo in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, le ipotesi di dialogo resterebbero nel novero delle buone intenzioni»

Nonostante gli appelli di Ciampi e del procuratore generale Favara?
«Sono gli appelli più autorevoli e vanno nella direzione che tutti formalmente auspicano. Salvo poi trovarsi di fronte a realtà diverse. L'elenco dei problemi da affrontare è stato fatto in modo analitico e sistematico proprio dal procuratore generale della Cassazione. Se c'è un punto da quale partire (sia per le riforme normative che per i comportamenti nelle aule di giustizia), è proprio quello prospettato da Favara, sulla quale c'è stato consenso unanime».

Ma lo scontro è politico-istituzionale, non tecnico-politico.
«Appunto dicevo che occorre far scendere la temperatura dello scontro. Serve l'aspirina e comportamenti corretti da parte di tutti. Chi ha gettato la spada di Brenno sulla bilancia della giustizia non è stata certamente la politica. Quello che è accaduto sabato scorso a Milano è molto più grave del celebre appello televisivo in diretta del '94 da parte del pool Mani Pulite contro il decreto Biondi. Perché allora l'iniziativa venne da un gruppo di magistrati, per quanto al centro dell'attenzione e in una sede non istituzionale. Ciò che è accaduto sabato scorso, ad iniziativa di una rete più articolata di magistrati tutti funzionalmente autorevoli, è accaduto nell'occasione formalmente più importante dell'intero anno giudiziario. Suona come retorico e paternalistico un richiamo ad abbassare i toni che venga dall'esterno. Mi considero ancora un magistrato, seppure in aspettativa, ma la prima sensazione di fronte al discorso dei procuratore di Milano e alle messe in scena nei vari distretti, è stata di profonda amarezza. li rischio è che sia condannata dall'opinione pubblica non tanto e non solo la strumentalizzazione della giustizia per fini politici, quanto la magistratura nel suo insieme. E se c'è una crisi di legittimazione della magistratura, che non trae ovviamente la sua legittimazione dal consenso popolare, è un dato gravissimo che deve preoccupare tutti».

Lei segnala lo stesso pericolo denunciato dai magistrati che censura. Ovvero la delegittimazione della giustizia.
«Con quello che accaduto sabato scorso la delegittimazione è intrinseca. Non è la prima volta che ci sono contrasti fortissimi tra politica e magistratura né è avvenuto solo con l'attuale maggioranza. Dieci anni fa ci fu uno scontro durissimo ai tempi di Cossiga presidente della Repubblica e Martelli ministro della giustizia. Si arrivò addirittura allo sciopero dei magistrati ma non si giunse alla gravità di ciò che è accaduto sabato scorso. Eppure il tipo di attacchi cui la magistratura era sottoposta allora riguardava il corpo nel suo insieme, c'era un conflitto col Csm».

Oggi invece?
«Il commento dell'onorevole Fassino è stato: dai magistrati arriva un grido di dolore. Io credo che è invece il grido di una sconfitta. La magistratura deve chiarire a se stessa se questa sconfitta è di una strategia essenzialmente politica (cioè quello di utilizzare la giurisdizione per far cadere questo governo..., oppure».

Cose che lei ritiene vera, no?
«E' vera da parte di chi dice ora e sempre resistenza. 0 se la sconfitta è dell'ordine giudiziario nel suo insieme. Sarebbe gravissimo se si arrivasse alla seconda deriva. E la magistratura in primis ha l'onere che questo non accada. Colgo con attenzione qualche significativo segno di dissenso interno rispetto a certe uscite clamorose. Non è che tutti i giudici o la gran parte condividano quello che ha detto Borrelli»

Lo scontro non è stato innescato dalle tattiche ostruzionistiche della difesa di Berlusconi e Previti nel processo Sme?
«Questo processo ha già maturato delle nullità che, qualunque sia l'esito del processo di primo grado, saranno rivelate nei gradi successi. Basti per tutti il fatto che il tribunale ha disatteso la sentenza della Corte Costituzionale sul contestuale impegno di parlamentare e di imputato dell'on. Previti. Se si sta andando avanti lo stesso è inevitabile che sorga il pensiero malizioso che si voglia raggiungere l'effetto delegittimante che deriverebbe dalla condanna dei presidente del consiglio. Gli imputati stanno adoperando i mezzi che il codice prevede. Se li si vuole contestare, si contestino gli istituti in sé e per sé. Rivelo un precedente storico. Dieci anni fa davanti alla corte d'assise di Torino si celebrava un processo importante per fatti di mafia. Presiedeva la corte d'assise il dottor Caselli, il dibattimento aveva conosciuto ben 58 udienze e si era protratto per oltre un anno eppure nel gennaio dei '93 Caselli ebbe l'immediato trasferimento alla procura di Palermo e il processo dovette ricominciare daccapo».

vedi i precedenti interventi