ROMA. «La maggioranza deve recuperare il metodo
che ha portato alla Bossi-Fini. Poi non sarà
difficile correggere la legge conformemente alla
pronuncia della Corte costituzionale. E se anche
il consiglio dei ministri avesse approvato il decreto
sull’immigrazione, avremmo avuto un paio
di settimane scarse per la legge di conversione».
Secondo Alfredo Mantovano i correttivi alla Bossi-
Fini richiesti dalla decisione della Consulta non
sono stati immediati per la mancanza di tempo
e di «un accordo sul piano politico». Il sottosegretario
all’Interno osserva che i due aspetti sono
strettamente legati tra di loro: «La Bossi-Fini
è stata approvata in pochi mesi perchè c’erano soluzioni
tecniche accompagnate dal consenso politico
».
Quando verrà emanato il decreto?
Non è una questione di date, ma viste le differenti
sensibilità all’interno della maggioranza, occorre
un preventivo approfondimento di carattere politico.
Se si stipula un accordo leale in modo da
muoversi nel solco della Bossi-Fini, il percorso del
decreto alle Camere sarà molto più agevole.
Riguardo alla parte tecnica, quali soluzioni
propone?
Si tratta di garantire il contraddittorio al clandestino
che non ottempera all’obbligo di allontanamento
dal territorio. Dato che la sentenza parla
di «giudice» senza specificare, si potrebbe utilizzare
la rete articolata dei giudici di pace assieme
al potenziamento delle questure.
E il tribunale ordinario?
I giudici civili hanno troppe pratiche da sbrigare.
Non possiamo sobbarcarli di altro lavoro.
nnn Facciamo un esempio.
Il clandestino sprovvisto di documenti, dopo l’arresto,
è trattenuto per 60 giorni in un centro di
permamenza temporaneo. Se non si arriva all’identificazione,
riceve l’intimazione ad allontanarsi
dall’Italia. Dopo la pronuncia della Corte
viene meno l’arresto in flagranza e il clandestino
viene premiato per la sua abilità a non farsi identificare.
Ma qui il sistema si deve chiudere.
In che modo?
Cambiando sanzione e pena. La contravvenzione
viene trasformata in delitto e l’arresto diventa
reclusione fino a quatro anni. Si raggiunge
quel tetto di pena che consente la custodia cautelare
in carcere e si supera il problema dell’arresto
in flagranza per un reato contravvenzionale,
ritenuto illegittimo dalla Corte.
La Corte ha pronunciato una sentenza
politica?
Non do valutazioni di questo tipo. Alle decisioni
della consulta si dà esecuzione e si adottano i correttivi.
Nient’altro.
La Sinistra ne approfitta per chiedere
un ripensamento sulla vicenda della Cap
Anamur.
In questo momento la commissione del ministero
sta valutando lo status dei 37 africani: mi
sembra significativo che loro stessi abbiano ammesso
di non essere profughi del Sudan. Questo
mette a tacere tante polemiche.
Niente asilo politico, dunque?
Occorre molta cautela. All’esame della Camera
c’è la nuova legge sull’asilo. Mi sembra quella la
sede più opportuna per parlarne.
C’è il rischio che l’Italia sia considerata
l’approdo privilegiato dell’immigrazione
clandestina?
A parte la collocazione geografica che non ci favorisce,
la collaborazione con i partner europei ha
funzionato a intermitezza. L’episodio della Cap
Anamur sta a dimostrarlo. Noi la nostra parte
l’abbiamo fatta: con la Bossi-Fini gli sbarchi in Puglia
e in Calabria sono stati azzerati e considerevolmente
ridotti quelli in Sicilia.